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Fischer, Samuel (casa editrice)

di Adriana Vignazia, Enciclopedia dannunziana

La casa editrice S.Fischer fu fondata nel 1886 a Berlino da Samuel Fischer (1859-1934), un ebreo ungherese che appena 15enne si era recato a Vienna per fare un apprendistato in libreria. Poco più che ventenne, nel 1880 si era trasferito a Berlino, una città economicamente più dinamica di Vienna e in pieno sviluppo, e lentamente, ma con sicuro intuito pur partendo da una situazione economica priva di grandi mezzi, era riuscito ad affermarsi nel campo dell’editoria. In pochi anni il S.Fischer Verlag era diventato una delle case editrici più conosciute e influenti nel mondo della cultura tedesca. Scopo del suo fondatore era dare nuovi impulsi alla letteratura con la pubblicazione di giovani autori tedeschi e stranieri, oggetto di censura come i naturalisti o poco conosciuti, come gli scrittori scandinavi e i russi; e diffondere una buona letteratura tedesca e internazionale, a prezzi abbordabili. I suoi interessi si estendevano anche al teatro e nella sua casa, fin dall’inizio, furono stampate molte opere teatrali, benché un prodotto di difficile smercio. Nel 1889 Samuel Fischer era tra i membri fondatori dell’associazione Freie Bühne Berlin [Palcoscenico libero di Berlino] che si era proposta di rinnovare il teatro rappresentando drammi moderni, naturalisti e non solo, allora oggetto di censura; nell’anno successivo l’associazione iniziò a pubblicare la rivista «Freie Bühne für modernes Leben» [Palcoscenico libero per una vita moderna] di cui Samuel Fischer era redattore insieme a Otto Brahm, un noto critico teatrale. La rivista divenne un organo di diffusione molto importante grazie alla collaborazione degli scrittori più in vista del tempo. Nel 1894 cambiò nome e redattori diventando il mensile «Neue deutsche Rundschau», legato alla casa editrice S.Fischer, perché vi si stampavano in anteprima e a puntate le opere che sarebbero poi state pubblicate in forma di libro. Sulla rivista si dava spazio anche alle recensioni che, oltre ad essere indicative per il futuro successo di un’opera, la pubblicizzavano. Al S.Fischer Verlag D’Annunzio deve la diffusione delle sue opere presso il grande pubblico tedesco. Prima del suo intervento, in Germania erano state pubblicate: nel 1888 undici poesie dall’Intermezzo, tradotte da Julius Litten e incluse in un’antologia di poeti italiani contemporanei tra cui Panzacchi e Stecchetti (Meier-Troxler 1984, p.273, nota 19); nel 1893 e 1894 altre cinque poesie sulla prestigiosa rivista «Blätter für die Kunst» nella traduzione di Stefan George che, a sua volta, le aveva tratte dalla rivista fiorentina «Nuova Antologia» del 1891. In Austria invece non si conoscevano le poesie di D’Annunzio. Hofmannsthal, infatti, nel lodare la traduzione di George, nella lettera del 29 marzo 1893 gli chiedeva un parere sulla lirica dannunziana affermando di conoscere solo il romanzo breve Giovanni Episcopo. (George – Hofmannstahl 1953, p.60). 

Oggi è difficile ricostruire con esattezza chi consigliò a Samuel Fischer di accogliere il poeta italiano tra gli autori del suo catalogo, sicuramente molti fattori vi contribuirono. Innanzitutto le relazioni personali e di lavoro che l’editore intratteneva con Vienna, dove aveva lavorato per sei anni dal 1874 al 1880; inoltre, dopo il successo editoriale delle opere di Ibsen e di altri scrittori norvegesi e scandinavi, il lettore Moritz Heimann gli aveva consigliato di volgere i suoi interessi verso le letterature del Sud, prima fra tutte quella viennese, in quel periodo in piena fioritura (Mendelssohn 1970, p.190). Tra gli autori viennesi pubblicati da S.Fischer si annoverano Hermann Bahr e Hugo von Hofmannsthal, promotori di D’Annunzio a Vienna. Infine, a persuadere il prudente editore, contribuì sicuramente il grande successo riscosso in Francia da L’Innocente, pubblicato nel 1893 prima a puntate su «Le Temps» e poi da Calman-Lévy in forma di libro con il titolo L’Intrus.  A mediare i contatti tra Samuel Fischer e D’Annunzio fu il giornalista e traduttore Ernesto Gagliardi (1854-1933), corrispondente del «Popolo romano» a Berlino e conoscente di D’Annunzio, come si legge nel suo articolo Bei Gabriele d’Annunzio, pubblicato sulla rivista berlinese «Die Zukunft» nel 1901 (Gagliardi 1901, p.201). Le sue parole trovano conferma nelle annotazioni dei Taccuini di D’Annunzio: infatti nel 1895 si legge «E.Gagliardi, ‘trad’», con l’indirizzo di Inn.(sbruck?); più avanti si indica l’indirizzo berlinese di Gagliardi e a p.23 quello della casa editrice S.Fischer. Poiché il nome di Adele Berger, traduttrice del Giovanni Episcopo a Vienna, s’incontra a p. 18 si può dedurre che i contatti con la casa berlinese avvennero in seguito alla traduzione e agli articoli viennesi. La strategia editoriale seguita da S.Fischer per presentare al pubblico un autore nuovo e poco conosciuto era chiara: innanzitutto si faceva precedere la pubblicazione delle opere da un lungo articolo introduttivo sulla rivista «Neue deutsche Rundschau», per D’Annunzio scrive Robert Saitschik (1868-1965), storico della letteratura e filosofo (Saitschik 1895, pp.277-282); in seguito si pubblicavano le opere dell’autore a ritmo sostenuto suscitando l’interesse del pubblico anche tramite la quantità dei testi a disposizione. Così nel 1896 uscì Der Unschuldige [L’innocente], nel 1898 Lust [Il piacere], nel 1899 Der Triumph des Todes [Il trionfo della morte], nel 1901 Episcopo & Co., nel 1902 Die Jungfrauen vom Felsen [Le vergini delle rocce] e nel 1903 Die Novellen der Pescara [Le novelle della Pescara]. Dei drammi Fischer pubblicò nel 1899 Die Gioconda, nel 1900 Die tote Stadt [La città morta], Traum eines Frühlingsmorgens [Sogno di un mattino di primavera] e Die Gloria; nel 1903 comparvero Traum eines Herbstabends [Sogno di una sera di autunno] e infine a inizio 1904 Francesca da Rimini. In pochi anni quindi furono stampate presso la casa editrice S.Fischer la maggior parte delle opere di D’Annunzio in tedesco.  La traduzione delle opere in prosa fu affidata a Maria Gagliardi (1858-1928) e quella dei drammi a Linda von Lützow; solo l’ultima tragedia fu tradotta da Karl Gustav Vollmoeller. Le due traduttrici erano praticamente sconosciute nel mondo editoriale. Di Maria Gagliardi, nata Dohm, si sa che era la moglie del giornalista Ernesto Gagliardi e parente di Katja Mann (Meier-Troxler 1984, nota 10). Sebbene avesse tradotto la maggior parte delle opere in prosa di D’Annunzio, il suo nome non compare mai nel Kürschner Literaturlexikon di quegli anni. Forse Fischer la scelse, fissando il suo nome nel contratto generale con D’Annunzio, per via degli stretti rapporti intercorrenti allora tra la casa editrice e la famiglia Mann. Oppure potrebbe essere stato il marito, Ernesto Gagliardi, a presentare all’editore la moglie come possibile traduttrice. Di Linda von Lützow, pseudonimo di Sieglinde Schmitz von Aurbach (1832-1922), si conoscono invece alcuni dati biografici essendo di nobile famiglia e quindi compresa nel Gotha, il libro genealogico delle famiglie nobiliari che iniziò le sue pubblicazioni nel 1763 nella omonima città tedesca. La Lützow aveva vissuto per alcuni anni in Italia insieme al marito, Carl von Lützow, professore di storia dell’arte; a Vienna frequentava il circolo letterario di Hermann Bahr, e conosceva D’Annunzio personalmente, infatti nel dicembre 1899 rivede con lui la traduzione de La Gloria. Il Kürschner Literaturlexikon la cita nel 1904 e 1905 come traduttrice di due drammi dannunziani: Traum eines Herbstabends e Die tote Stadt. Nella lettera del 22 dicembre 1899 a Samuel Fischer D’Annunzio dice di averla scelta come traduttrice dei drammi al posto di Ernesto Gagliardi perché gli avrebbe lasciato «intera libertà per le rappresentazioni», cosa che «il Sig. Gagliardi non mi avrebbe potuto consentire» (Fischer 1989, p.521). 

I contatti editoriali erano gestiti personalmente da D’Annunzio e da Samuel Fischer, senza ricorrere al tramite del traduttore, come era uso fare  la Convenzione di Berna (1886), o della casa editrice Treves perché D’Annunzio restava il solo proprietario delle opere e cedeva alla casa editrice milanese solo il diritto di pubblicare in forma di libro le opere in italiano. Una clausola questa che a quel tempo era oggetto di feroci discussioni, pur prevalendo la tendenza a riconoscere all’autore i pieni diritti sulle sue opere, soprattutto dopo la fondazione della SIAE (Società Italiana Autori e Editori) a Milano nel 1882, di cui Emilio Treves era co-fondatore. (Salierno 1987, pp.28-29 e Grillandi 1977, p. 252-253). D’Annunzio è un ottimo esempio del nuovo tipo di autore, consapevole dei propri diritti che difende nei confronti del potere delle case editrici. La corrispondenza con il S.Fischer Verlag lo conferma: le lettere sono scritte in francese e hanno un carattere pragmatico, non si discute mai di questioni estetiche, letterarie o personali. 

Le lettere concernenti la pubblicazione dei primi romanzi e dei primi drammi non si sono conservate, perciò la corrispondenza pervenutaci comincia con una lettera del 15 aprile 1899, in cui D’Annunzio rivendica il diritto di vendere a giornali e riviste i suoi testi, prima di cederli all’editore. L’argomentazione addotta è bizzarra: si tratterebbe di un ‘diritto naturale’, invalso con l’uso e che non richiede d’essere riconosciuto in un contratto: 

L’éditeur ne peut pas prétendre d’exploiter une oeuvre par tous les moyens. Il doit se limiter au commerce de librairie … En France je fais toujours paraître mes romans dans une revue, avant de les livrer à M. Calmann-Lévy. J’en ai le droit naturellement, sans que ce droit soit consacré dans les traités… (D’Annunzio a Fischer, Vignazia 1995, p.293).

Dalla corrispondenza a non è dato sapere di quale opera qui si tratti, si sa invece che Fischer era solito pagare una somma complessiva per i diritti di autore riservandosi il diritto di pubblicare il manoscritto a puntate sulla «Neue deutsche Rundschau» prima dell’edizione in forma in libro. Probabilmente l’editore accettò la richiesta, perché secondo una ricevuta del 28 marzo 1900, D’Annunzio ricevette 1000 marchi e non 500 per il romanzo Le vergini delle rocce, pubblicato a Milano nel 1896 e a Berlino a puntate nel 1901 e in forma di libro nel 1902. Di carattere economico è anche la lettera di D’Annunzio del 25 aprile 1900: Fischer aveva dato all’agenzia teatrale Entsch, – accanto a Bloch Erben la più importante di Berlino – l’incarico di proporre i drammi di D’Annunzio ai teatri in Germania e di controllarne le rappresentazioni; a inizio 1900 l’agenzia voleva vietare alla Duse e alla sua compagnia, in tournée in Germania, la rappresentazione de La Gioconda  pensando probabilmente di aver comperato i diritti di tutte le rappresentazioni in Germania, senza distinguere se veniva recitata in italiano o in tedesco. D’Annunzio si rivolse perciò a S.Fischer pregandolo di intervenire. Dai materiali oggi a disposizione (il contratto con l’agenzia Entsch finora non è stato reperito) non è dato stabilire se si trattava di un equivoco o di un sopruso da parte di uno dei contraenti. Nella lettera dell’8 luglio 1900 Fischer propose di sostituirsi all’agenzia e D’Annunzio accettò (Fischer 1989, p.525) perché aveva saputo che la Gioconda era stata rappresentata a Breslavia con successo nel teatro estivo, senza che gli fossero state pagate percentuali d’autore. Nel luglio dello stesso anno, la casa editrice Albert Langen di Monaco pubblicò quasi contemporaneamente a Treves la versione tedesca del romanzo Il Fuoco; D’Annunzio nella lettera del 22 dicembre 1899 si era scusato sostenendo che non era stato lui a cedere i diritti de Il Fuoco a Langen, ma la casa editrice Treves, «sicuramente per motivi commerciali». (Fischer 1899, p.521). Ma già pochi mesi dopo, il 22 marzo 1900, sosteneva che Langen aveva pagato molto di più di Fischer per il romanzo e quindi per la traduzione delle Vergini delle rocce chiedeva 1.000 marchi e avrebbe voluto che fosse Stefan George a tradurla. Se George non avesse accettato, si dichiarava d’accordo ad affidare il lavoro a M.Gagliardi, con la preghiera però che si impegnasse di più trattandosi di un’opera di pura poesia e pura musicalità (Fischer 1989, p.523). Contrariamente a quanto avvenuto fino a quel momento, a fine giugno quindi Samuel Fischer si affrettò a proporre a D’Annunzio un contratto che lo vincolasse a sé per dieci anni e gli assicurasse l’esclusiva delle sue opere in tedesco. Gli propose pure di stampare una scelta di opere antecedenti in prosa e in poesia, e di diventare il suo rappresentante anche presso i teatri sostituendosi a Entsch, di cui D’Annunzio si era nuovamente lamentato (Fischer 1989, p.523-524) Per avere questa esclusività nel 1912 comprò i diritti di Feuer, un romanzo sempre molto letto, pubblicando nel 1913 un’edizione tascabile; con la vendita dei diritti Langen si impegnava a non pubblicare mai un’edizione economica del volume, né a offrirlo a prezzi ridotti (Mendelssohn 1970, p.520). Dalle lettere scambiate per la stesura del contratto e dalla copia del contratto pervenutaci, con data 15 luglio 1900, emerge la tattica adottata da Samuel Fischer con uno scrittore imprevedibile come D’Annunzio. Egli accoglie quasi tutte le richieste di carattere economico dell’autore, accetta di pagare la somma richiesta di 1600 marchi per i diritti assoluti dei romanzi futuri e quella addizionale di 1000 marchi (500+500), ma non di 1200 come voleva il poeta, per i diritti assoluti dell’ Innocente e del Trionfo della morte, probabilmente perché questi due romanzi si vendevano meno di Lust che nel 1920 aveva raggiunto la 34esima edizione, ossia le 34.000 copie vendute, mentre Triumph des Todes era arrivato solo alla settima e Der Unschuldige alla 13esima. (Scherpe 1944, p.121). Per i romanzi brevi però Fischer vincola alla lunghezza dell’opera la somma da pagarsi: 50 marchi per ogni foglio di stampa, impresso recto e verso. In quanto all’acquisto delle opere già in precedenza vendute da D’Annunzio a giornali o a riviste tedesche, l’editore si cautela stabilendo di dividere la spesa tra la casa editrice e l’autore. Delle opere precedenti si prevede di stamparne una scelta in tre volumi: due di prosa e uno di poesia. Più rigido si mostra invece sulla durata del contratto: non accetta i cinque anni proposti da D’Annunzio, ma gli va incontro stabilendone otto invece dei dieci da lui previsti. Il primo paragrafo del contratto impegna D’Annunzio a vendere a Fischer tutte le sue opere passate e future, consegnando queste ultime ancora manoscritte o in bozze a lui prima che a qualsiasi altro editore straniero – una clausola che D’Annunzio non rispettò mai perché le traduzioni in francese furono sempre pubblicate prima. Dal canto suo Fischer s’impegnava a pubblicare tutte le opere di D’Annunzio in tedesco, permettendogliene la revisione come succedeva per le edizioni in francese; s’impegnava pure a consegnare «une traduction irreprochable par un traducteur compétent» e stabiliva nel contratto che la traduttrice delle opere in prosa fosse Maria Gagliardi. Una clausola prevista dalla Convenzione di Berna volta a difendere i diritti dell’autore e del traduttore che, nell’editore unico e autorizzato, vedevano la garanzia e la difesa dalla stampa-pirata delle loro opere. Il pagamento delle opere teatrali corrispondeva alla prassi allora in uso in Germania: il 20% delle somme incassate dalle vendite dei testi era da spartirsi tra autore e traduttore, a ciascuno il 10%. A D’Annunzio restavano i diritti di rappresentazione dei drammi. Le percentuali delle rappresentazioni andavano interamente all’autore, dato che i testi teatrali si leggevano poco e si preferiva vederli rappresentati. Dal loro successo dipendeva il guadagno dell’autore. 

Nonostante il contratto, le relazioni editoriali non sembrano svolgersi come Fischer sperava. Dalla lettera dell’editore a D’Annunzio, del 20 giugno 1901, trapela la preoccupazione che l’autore lo inganni: Fischer era infatti venuto a sapere con certezza che l’editore Albert Langen di Monaco era già in possesso delle bozze dell’edizione italiana de Le novelle della Pescara a lui non ancora pervenute. E allora, appellandosi a una precedente lettera di D’Annunzio (non pervenuta) in cui il poeta gli lasciava la libertà di seguire per l‘edizione tedesca il modello e la disposizione delle novelle della raccolta francese Episcopo et Cie., o di preferire la futura disposizione italiana de Le Novelle della Pescara, si affrettò a pubblicare una prima raccolta di novelle secondo il testo francese. Poi, uscita nel 1902 l’edizione italiana, per accelerare il lavoro, affidò la traduzione delle rimanenti novelle a Maria Gagliardi e C. von Sanden – su cui purtroppo non si hanno informazioni biografiche. L’edizione tedesca de Die Novellen der Pescara del 1903 comprende così solo undici delle diciotto novelle dell’edizione italiana. Tutte le novelle pubblicate da Fischer, sia la raccolta Episcopo & Co che Die Novellen der Pescara, come anche l’edizione francese corrispondono alla versione italiana delle Novelle della Pescara, che D’Annunzio aveva rielaborato liberandole dagli elementi naturalistici della sua prosa giovanile (Ciani 1975, pp.93-143). Ad aumentare la fretta di Fischer contribuiva anche la Franckh’sche Verlagshandlung di Stoccarda, una casa editrice popolare fondata nel 1822 dai fratelli Gottlob e Friedrich Franckh. Alla fine del XIX secolo la Franckh’sche Verlagshandlung si era specializzata nell’edizione della rivista di storia naturale «Cosmos», ma pubblicava anche opere in prosa di autori stranieri, che secondo la Convenzione di Berna del 1886 erano ormai libere sul mercato (Binder 1952). La Convenzione stabiliva infatti che i diritti d’autore avevano una durata di dieci anni dalla pubblicazione dell’opera; in questo periodo ogni tipo di traduzione doveva essere autorizzata dall’autore, oltre questo termine le opere erano da considerarsi libere sul mercato. L’Italia e la Germania avevano già firmato nel 1884 i contratti bilaterali (Die Urhebergesetze und die Literarkonventionen des Deutschen Reiches, 1900, Artikel 4, 5, 6) e Fischer nella sua lettera del 20 febbraio 1902 si riferiva a queste clausole quando aveva pregato D’Annunzio di comunicargli i titoli delle novelle «libere sul mercato» (Vignazia 1995, p.297-298). Per la Franckh’sche Verlagshandlung la questione del prezzo era decisiva perché essendo una casa editrice ‚popolare‘ non poteva pubblicare volumi costosi, ma solo libri che quasi ogni persona poteva permettersi di comprare. Le raccolte di novelle qui pubblicate sono: Heisses Blut [Sangue caldo] (1901), Das Buch der Jungfrauen [Il libro delle vergini] (1902), La contessa Galatea und andere Novellen (1902), Die Witwe und andere Novellen [La vedova e altre novelle] (1903), tratte dalle raccolte Terra Vergine, Il libro delle vergini e San Pantaleone.

Decisiva per i rapporti editoriali tra Fischer e D’Annunzio è infine la lettera del 27 agosto 1902 in cui lo scrittore si lamenta con l’editore dello scarso controllo esercitato dall’agenzia Bloch Erben sui teatri: a Zurigo e Lucerna sarebbe stata rappresentata Die tote Stadt senza che gli fossero state pagate le percentuali dovutegli per le rappresentazioni. Ma soprattutto si mostra insoddisfatto delle traduzioni tedesche pubblicate da Fischer fino ad allora. Esse cambierebbero il suo stile banalizzandolo e talvolta travisandone persino il senso; i romanzi risentirebbero di «tagli» e di «epurazioni» spesso arbitrarie. La recita dei drammi avrebbe persino provocato scalpore e sdegno tra gli spettatori che conoscevano il testo italiano originale. Perciò D’Annunzio considera «malheureux» il contratto che lo legava a Fischer per un tempo così lungo e che «oltre ai danni morali» gli impediva di ottenere maggiori guadagni dalle sue opere. Langen gli avrebbe infatti offerto 5.000 marchi per il prossimo romanzo.

J’ai appelé malheureux notre traité parce que je regrette d’avoir signé de telles conditions et pour un temps si long. Mon désavantage est évident. D’abord, les traductions sont abominables. J’ai eu l’occasion de voir longuement quelques amis allemands, très lettrés. Ils étaient furieux contre mes traducteurs. On m’a montré des fautes d’une grossièreté incroyable, des coupures arbitraires, des interpolations ridicules, etc. etc. De D’Annunzio il ne reste rien dans ces gros volumes, ou presque rien. … Je suis sûr que cette lettre franche et claire vous trouvera disposé à une entente amicale, en ce qui concerne les traducteurs et en ce qui concerne les conditions… (Fischer 1989, pp.258-259).

Tuttavia la conclusione della lettera stupisce alquanto: D’Annunzio, assai suscettibile ai problemi di stile, non chiede la revisione delle traduzioni o almeno la correzione degli errori più grossolani per le edizioni successive, ma sembra piuttosto voler trarre un utile economico maggiore dalla situazione facendo riferimento alla casa editrice Langen di Monaco, anche se questa casa aveva fatto tradurre Il Fuoco da Maria Gagliardi. Nel suo articolo Ernesto Gagliardi conferma la scontentezza di D’Annunzio per le traduzioni sentendosi indirettamente responsabile: «su alcuni punti tra di noi c’era stato del dissenso» (Gagliardi 1901, p.201). La richiesta di modifica del contratto fu ripetuta da D’Annunzio il 16 luglio 1903 in occasione della proposta di S.Fischer di diventare Il suo agente teatrale dopo aver istituito un ufficio incaricato della diffusione e rappresentazione delle opere teatrali stampate nella sua casa. Una tale agenzia avrebbe assicurato un controllo migliore sulle rappresentazioni garantendone una migliore qualità (Mendelssohn 1970, pp.409-443), come era già successo nel 1901 quando Fischer aveva affidata a Gustav Lindemann (1872-1960) la messa in scena di Die tote Stadt. Il regista, affascinato dal tema del dramma, riuscì a farne uno spettacolo di molto successo affidando il ruolo di Anna all’attrice Rosa Bertens (Lindemann a D’Annunzio, 16.02. 1902, Vittoriale, A.G. IX, 4.) che già nel 1900 si era distinta nel ruolo di Gioconda nell’omonima tragedia. Lindemann si era fatto un nome come regista per le sue messe in scena moderne e accurate, nel 1900 aveva fondato una sua compagnia, l’Ensemble ‘Internationale Tournée’ e nel 1905 aveva assunto la direzione del nuovo teatro di Düsseldorf, gestito insieme alla moglie, la nota attrice Louise Dumont. A conferma dell’attività del S. Fischer Verlag come agenzia teatrale sono rimaste le ricevute dei conti annuali, spedite a D’Annunzio nel settembre di ogni anno. Le ricevute coprono gli anni dal 1909 al 1931 e mostrano le tournées intraprese dalle compagnie teatrali, i teatri e le città in cui furono rappresentati i drammi e le rispettive percentuali. Insieme alle ricevute per le percentuali delle rappresentazioni si trovano quelle riguardanti la vendita dei libri di cui D’Annunzio non aveva ceduto i diritti esclusivi, ossia Die Gioconda, Die Gloria, Traum eines Frühlingsmorgens, Die tote Stadt, Traum eines Herbstabends, Episcopo & Co., Die Novellen der Pescara e Francesca da Rimini. (Vittoriale, A.G. XLVI, 2) Da queste ricevute si deduce che i drammi di maggiore successo sia come vendite di libri che come rappresentazioni furono Die Gioconda e Die tote Stadt. 

Traduzione e pubblicazione della tragedia Francesca da Rimini sono ampiamente documentate. La corrispondenza a questo riguardo comincia nel febbraio 1902, quando D’Annunzio chiese per la Francesca un’edizione di lusso e una traduzione in versi rimati adeguata al testo di partenza proponendo come traduttori i poeti Stefan George, Paul Heyse e Hugo von Hofmannsthal. La richiesta di un’edizione di lusso è da contestualizzare nel movimento di resistenza allo svilimento del prodotto editoriale dovuto alla diffusione della macchina rotativa a vapore che permetteva la stampa di una grande quantità di libri, riviste e giornali di scadente qualità. Conla sua richiesta D’Annunzio si proponeva di ravvivare in Germania la tradizione della stampa illustrata che in passato era stata ben viva. S. Fischer accettò di fare un’edizione di lusso della tragedia, ma la ricerca del traduttore gli sembrava oltremodo complessa e dà voce al suo scetticismo:

En effet, des poètes comme Stefan George, Paul Heyse ou Hugo von Hofmannsthal serions sans doute plus aptes; mais il me semble, que ces messieurs ne se chargeriont pas d’un tel ouvrage aussi grand à cause de ses propres travaux. En tous cas je m’informerai chez Stefan George, aussi chez Paul Heyse et je vous prie, Monsieur, de vouloir bien m’envoyer tout de suite les épreuves de l’édition italienne pour les pouvoir montrer à ces messieurs. Peut-être les charmes de votre poésie nouvelle, dont j’ai assez lu même aux journaux allemandes les engagent à l’acceptation de la traduction. (Fischer a D’Annunzio, 20 febbraio 1902)

I poeti citati, oltre ad essere impegnati nelle proprie opere, avevano un carattere molto difficile, come Fischer ben sapeva. Tuttavia all’inizio George sembrò accettare la proposta e cercò di entrare in contatto con D’Annunzio tramite l’editore Treves per ricevere un esemplare di lusso della Francesca, non accontentandosi delle bozze del libro. Siccome Treves non reagiva, George si rivolse a Hofmannstahl, ma non direttamente perché i rapporti tra i due poeti erano interrotti dal 1899, bensì tramite Wladimir e Ria Schmujlow-Claassen, amici del poeta viennese e vicini ai poeti del circolo di George. Essendo Hofmannsthal in quel periodo in buoni rapporti con D’Annunzio, a George parve questa la via più facile per avanzare la sua richiesta. Hofmannsthal accettò di fare da tramite – «Per la questione di George ho scritto a D’Annunzio e riferirò direttamente a lui…» (Hofmannsthal a Ria Schmuliow-Classen, 19 aprile 1902, Marbach (18) 1982, p.99) – riprendendo così anche le relazioni epistolari con George. Quando D’Annunzio venne a sapere che erano stati presi contatti con George mandò direttamente a lui – e non a Hofmannsthal – l’opera richiesta, irritando quest’ultimo che se ne lamentò con George (George – Hofmannsthal 1953, p. 147). George rifiutò poi l’incarico e dai materiali disponibili non risulta chiaro se questo fosse da imputare alla scorrettezza di D’Annunzio o ad altri motivi, essendo stati i rapporti tra George e D’Annunzio fino a quel momento buoni. Nella corrispondenza tra George e Hofmannstahl, infatti, in occasione dell’incontro tra Hofmannsthal e D’Annunzio a Firenze si legge: «A Firenze ho avuto un breve, ma piacevole incontro con Gabriele D’Annunzio che ricorda con gioia … le Sue traduzioni; da lui dobbiamo sicuramente aspettarci ancora molte cose piacevoli» (Hofmannsthal a George, 13. 10. 1898) Il 4 novembre George risponde: «Mi ha fatto anche molto piacere leggere di un incontro con Gabriele d’Annunzio. Tanto tempo fa lo cercai nel suo ritiro presso Napoli, ma venni a sapere che si era trasferito. Avrebbe la gentilezza di comunicarmi il suo indirizzo attuale, perché gli manderei volentieri le nostre ultime pubblicazioni» (George – Hofmannsthal 1953, p. 137 e 140). In seguito (maggio 1902) George disse a Hofmannsthal che non aveva mai avuto l’intenzione di tradurre la Francesca da Rimini, ma di aver solo voluto sapere se la proposta era stata veramente fatta da D’Annunzio e non dall’editore. (Idem, p.152). Scrisse però a D’Annunzio e a Fischer scusandosi: se la richiesta gli fosse stata fatta nel febbraio avrebbe avuto tempo, mentre in aprile era occupato con altri lavori (Fischer 1989, p.1009). Per quanto riguarda la proposta di Paul Heyse come traduttore non si sa se il poeta tedesco fosse mai stato contattato e se avrebbe potuto accettare l’incarico. Pur avendo tradotto nel 1885 e 1888 due poesie di D’Annunzio – Invito alla caccia e Ave, sorella – e benché fosse un ammiratore della poesia dannunziana in generale, lo separavano da lui motivi politici. Heyse era uno strenuo sostenitore della Triplice Alleanza e un fautore dell’avvicinamento culturale tra Italia e Germania, lo irritavano invece le poetiche naturalista, decadente e simbolista, le teorie vitalistiche e nazionaliste di D’Annunzio, come pure la sua ammirazione per il Superuomo nietzschiano, la sua vicinanza alla cultura francese e alla Renaissance latina. (Bertazzoli 1985, pp.253-266). Non sappiamo invece se Fischer avesse comunicato a Hofmannsthal il desiderio di D’Annunzio o se questi si fosse rivolto direttamente a lui, né si conosce una sua possibile risposta. Però nel marzo 1902 Fischer aveva sconsigliato a D’Annunzio la scelta di George come traduttore perché « la sua lirica scialba… mal si adattava ai versi rigogliosi e intensi» di D’Annunzio, né le scelte editoriali di George di limitare un’edizione a 300-400 esemplari, venduti a prezzi alti e solo a chi era vicino al suo circolo, gli sembravano giuste e aveva proposto come traduttore un giovane poeta del circolo di Stefan George con buone conoscenze dell’italiano e dell’opera di Dante: Karl Gustav Vollmoeller (Fischer 1989, p.527). Vollmoeller (1878-1948) aveva già avuto modo di conoscere D’Annunzio sia tra i poeti del circolo di Stefan George, sia di persona a Parigi e conosceva la tragedia perché era stato invitato alla prima al teatro Costanzi di Roma, il 9 dicembre 1901. Perciò, quando nel marzo 1903 D’Annunzio accettò la proposta di S.Fischer, Vollmoeller si mise subito all’opera e a fine aprile la traduzione era già in uno stadio avanzato di lavoro: «Grazie delle buone notizie che riguardano la traduzione della mia Francesca. Fra alcuni giorni uscirà il primo volume delle Laudi. Ve lo porterò» (D’annunzio a Vollmoeller, 1 maggio 1903).

Per la traduzione della Francesca D‘Annunzio accettò condizioni finanziarie per lui meno vantaggiose e lasciò persino mano libera al traduttore per preparare una versione scenica abbreviata da stamparsi sulla rivista della casa editrice, a condizione che per la stampa del libro la traduzione fosse integrale: 

Votre depeche m etonne depuis longtemps vous ai ecrit acceptant vos conditions mais exigeant pour le volume la traduction integrale et reservant coupures pour la scene. cordialites gabriel d annunzio (D‘Annunzio a Vollmoeller, telegramma 13.03.1903).

Il contratto tra Vollmoeller e Fischer porta la data del 16 e 18 maggio 1903: si tratta di un contratto aggiuntivo che fa riferimento al contratto generale tra la casa editrice S.Fischer e D’Annunzio. Al primo paragrafo Vollmoeller cede a Fischer i diritti di pubblicazione dell’opera da lui tradotta. Al secondo si stabilisce che a Vollmoeller spetti il 10% del prezzo di copertina per ogni copia in brossura venduta – con conteggio annuale – e una garanzia di 1.000 marchi alla consegna del manoscritto. Al terzo, con l’autorizzazione di D’Annunzio, si prevede la divisione delle percentuali delle rappresentazioni tra autore e traduttore. Per la versione scenica da pubblicarsi nella rivista «Neue deutsche Rundschau» (14 (1903), pp.1063-1101, 1167-1212), Vollmoeller riceve un compenso di 100 marchi per foglio di stampa (impresso recto e verso), da dividere con D’Annunzio, a meno che questi vi rinunci. Il quinto paragrafo fissa il numero di copie per edizione: 1000 più 150 copie per le recensioni. Vollmoeller riceve 20 copie per le recensioni 10 rilegate e 10 legate in brossura. 

All’edizione tedesca D’Annunzio dedicò la stessa cura adoperata per quella italiana affidandosi per la decorazione e le xilografie a Adolfo De Carolis (1874-1928), pittore e illustratore di molte opere dannunziane, membro del gruppo In Arte Libertas. Quando nel corso del lavoro di traduzione e stampa sorgevano dissidi, stava a Fischer mediare, come nel caso dei capilettera per le indicazioni sceniche a inizio dei singoli atti. 

[…] il pittore de Karolis ha terminato di disegnare le iniziali per il libro, e fra poco terminerà anche il frontespizio e la copertina. Per questi manderemo al Fischer i legni incisi, per modo ch’egli non debba se non metterli in macchina per stamparli. Ora bisogna che voi mi diciate quali siano le iniziali delle indicazioni sceniche al principio dei cinque atti, perché desidero far disegnare cinque iniziali più grandi.

Atto primo Appare una corte, nelle case dei Polentani etc.

Mi sono spiegato? (D’Annunzio a Vollmoeller, lettera 2 giugno 1903).

Vollmoeller era contrario perché i capilettera avrebbero dato troppa importanza alle indicazioni sceniche, a scapito dei dialoghi, e gli consigliò di rinunciare. D’Annunzio si rivolse a Fischer chiedendogli consiglio: 

Moi aussi j’avais eu l’idée de commander de grandes initiales pour les cinq actes, et j’avais justement demandé à Mr. Vollmoeller de me faire savoir par quelle lettre commence chaque acte, dans sa traduction. Il m’a répondu que c’était mieux de n’en faire rien, pour ne pas donner trop d’importance aux indications scéniques qui doivent être imprimées en petits caractères, comme dans sa Catharine von Armagnac. Mais si vous voulez bien m’envoyer les cinq lettres, je ferai faire les cinq grandes initiales par mon ami de Karolis. … Les dessins de A.de Karolis sont déjà presque gravés en bois. Je vous envoie les épreuves du frontispice intérieur et de la petite image qui va à coté du frontispice. Les gravures en bois ont un style que n’ont pas les photographies usuelles. Nous voulons remettre en honneur la xylographie, qui en Allemagne a des traditions si magnifiques. Je vous recommande la qualité du papier. Les épreuves sont sur du papier ancien… (D’Annunzio a Fischer, lettera del 1 agosto 1903).

Ultimo problema fu la traduzione della poesia dedicatoria alla Duse per la quale Vollmoeller aveva proposto Stefan George, non sentendosi all’altezza. Forse voleva in questa maniera coinvolgere nell’impresa il Maestro con cui i rapporti si stavano deteriorando. D’Annunzio cercò quindi di accattivarsi le simpatie di George mandandogli l’ultimo volume delle Laudi:

Vollmoeller aurait voulu faire traduire par Stefan George la poésie dédiée à Madame Duse; qui est très difficile à traduire. Et je voudrais bien qu’elle fût traduite et imprimée en tête du volume. J’ai envoyé au poète George un exemplaire des Laudi, pour le rendre propice; mais je n’ai pas reçu de nouvelles de lui. Qu’en pensez-vous? Pour cette poésie on pourrait faire une belle initiale. (D’Annunzio a Fischer, lettera del 1 agosto 1903).

George non si lasciò convincere, ma inviò a D’Annunzio la sua raccolta di poesie Das Jahr der Seele. [L’anno dell’anima] con la dedica «Dem Dichter Gabriele D’Annunzio mit der steten Bewunderung seines Stefan George» [Al poeta Gabriele d’Annunzio dal suo assiduo ammiratore Stefan George]. Il volume si trova oggi nella biblioteca del Vittoriale, Mascheraio XX, insieme ad altre due raccolte di poesie di Stefan George. Fallito il tentato coinvolgimento di George, D’Annunzio decise di sostituire la poesia con una dedica «Alla divina Eleonora Duse», illustrata da De Carolis.

Cher Monsieur, Puisque il est impossible d’avoir une traduction parfaite de la Chanson qui ouvre le volume, je vous prie de mettre en manière de dédicace – au milieu d’une page – la petite gravure que je vous envoie. Je commande tout de suite les initiales pour les commencements d’acte (D’Annunzio a Fischer, lettera del 1 agosto 1903).

Nell‘autunno 1903 D’Annunzio e Vollmoeller festeggiarono la conclusione del lavoro: 

venerdì Mio caro poeta, domani sabato sarò a Settignano. Vi prego di venire a pranzo con me da Doney (via Tornabuoni) domani sabato alle otto pomeridiane. Vi rivedrò con sincera gioia; e festeggeremo la fine della vostra alta fatica. Il vostro Gabriele d’Annunzio (lettera senza data).

La tragedia fu pubblicata a fine 1903 ed è l’ultima opera di D’Annunzio uscita presso il S.Fischer Verlag. Per la consegna del testo all’agenzia teatrale D’Annunzio cercò ancora una volta di apporre cambiamenti al contratto con Fischer, come si legge dalla sua lettera del 16 luglio 1903):

Pour ce qui concerne l’affaire du placement de ma Francesca, je n’ai pas de difficulté à m’entendre avec vous. Mais vous ne m’aviez rien dit de vos intentions, et le reste. Veuillez avoir l’amabilité de m’exposer votre plan. Moi aussi, j’ai tout intérêt à concentrer dans une seule Maison – en laquelle j’ai confiance – toute ma production. Nous pourrions, à cette occasion, faire une révision complète de notre traité, comme je vous ai déjà demandé. Je vous demande d’abolir l’ancien traité et d’en faire un nouveau, en y comprenant les oeuvres théâtrales et leur placement. Nous devrions enfin nous entendre pour les romans – comme je vous ai déjà écrit – sur des conditions plus équitables…

Tuttavia Fischer non accettò nessuna modifica, soprattutto a causa della difficoltà di pubblicare i testi drammatici. Esiste però una lettera di Fischer a D’Annunzio, in cui egli prega l’autore di far esaminare il contratto da una persona di sua fiducia a Berlino, direttamente presso gli uffici della casa editrice:

Monsieur, ci joint nous vous adressons la copie de notre traité et nous vous offrons qu’un de vos amis à Berlin vienne examiner l’original à notre bureau. Votre dévoué Samuel Fischer (Fischer a D’Annunzio, lettera del 9 settembre 1905).

Non si conoscono le conseguenze di quest’incontro, né se questo ebbe veramente luogo. 

La Francesca da Rimini non fu un affare per la casa editrice, i teatri rifiutavano di metterla in scena perché troppo costosa: «I grandi teatri temono le spese per l’inscenazione (sic!) e i piccoli in oltre non hanno abbastanza persone» (Fischer a D’Annunzio, lettera del 23 gennaio 1904). Da una lettera di Vollmoeller del 9 luglio 1910 sappiamo che fino a quel momento ne erano state vendute soltanto 786 copie. Nelle ricevute della casa editrice Fischer la Francesca compare solo nel 1909 con un ricavo di 237,70 marchi, mentre la Gioconda ne aveva avuti invece 631,14. Per quanto riguarda la messa in scena, sia da una lettera di Vollmoeller probabilmente del febbraio 1914, (Vignazia 1995, p.320) che dalle ricevute della casa editrice, sappiamo che le prime rappresentazioni della Francesca avvennero il 10 e 20 febbraio 1914 allo Stadttheater di Freiburg con mediocre successo. 

Mentre i rapporti con Vollmoeller continuarono, i contatti con Fischer si diradarono sempre di più: in gennaio e marzo 1904 l’editore scrisse a D’Annunzio per avere i diritti di traduzione e pubblicazione del suo ultimo dramma La figlia di Jorio, che in Italia aveva avuto molto successo, proponendo però come traduttrice Linda von Lützow:

La signora von Lützow ha domandato or ora chi tradurrà La Figlia di Jove (sic!). Se questi opera poetica e in prosa possiamo, secondo me, ben confidare la traduzione alla signora von Lützow essendo le sue traduzioni sempre le migliori (Fischer a D’Annunzio, lettera del 23 gennaio 1904).

E poco più tardi, ancora una volta, senza che D’Annunzio accettasse la proposta: 

Abbiamo letto del successo ch’a avuto il suo dramma nuovo La figlia di Jorio e saremmo lieti di fare anche di questa – come facemmo delle altre opere sue – la pubblicazione tedesca. La preghiamo dunque di autorizzarci a farla tradurre. (Fischer a D’Annunzio, lettera del 12 marzo 1904).

Nel giugno 1911 la casa editrice S.Fischer stipulò un contratto con Vollmoeller e D’Annunzio per la traduzione e pubblicazione de Le Martyre de Saint Sébastien, ma non si arrivò alla pubblicazione. Pochi anni dopo, la partecipazione di D’Annunzio alla campagna in favore dell’entrata in guerra dell’Italia a fianco degli Alleati spinse Fischer, in quanto maggiore editore delle opere di D’Annunzio in tedesco, a prendere pubblicamente le distanze da lui e ad accusarlo di ipocrisia:

Io ho pubblicato romanzi e drammi di Gabriele D’Annunzio, tuttavia da ora non li metterò più nei miei nuovi cataloghi. D’Annunzio si è macchiato di gravi colpe nei confronti della Germania, non ha come scusa l’ottundimento dovuto a un destino crudele che ha colpito il suo paese; in lui non è l’odio che ha portato alla menzogna, ma la menzogna che lo ha portato all’odio; – basta, non ne vogliamo più sapere! (Fischer 1914, p.1785).

Una presa di posizione interessante perché Fischer seguiva criticamente la propaganda bellicistica dei giornali e giudicava con molto equilibrio gli autori stranieri decidendo «caso per caso», p.es. continuò a stimare Bernard Shaw perché «era il più severo critico dell’Inghilterra» (Idem).

Dopo la guerra, nel 1923, ripresero gli invii a D’Annunzio delle percentuali derivate dalla vendita dei libri e dalle rappresentazioni, e fu pure fatta richiesta della cessione dei diritti per la trasmissione delle sue opere per radio. Non è nota la risposta, sempre che ci sia stata. L’ultimo contatto epistolare risale al 1928, quando Fischer richiese i diritti per la traduzione e pubblicazione de Il compagno dagli occhi senza cigli. Ma anche questa volta D’Annunzio non rispose. Il motivo è da ricercarsi non tanto in una specifica mancanza di fiducia nei confronti della casa editrice S.Fischer, quanto piuttosto in un mancato interesse nei confronti delle traduzioni in tedesco dopo la guerra, interesse che forse soltanto Vollmoeller avrebbe potuto risvegliare. Facendo un primo bilancio sullo sviluppo delle traduzioni dannunziane in Germania si può affermare che la separazione da S.Fischer per D’Annunzio significò la perdita di un editore molto abile dal punto di vista commerciale, in grado di valorizzare un’opera tramite pubblicità e controllo dei media e che, nonostante la scarsa qualità delle traduzione e la modesta veste grafica dei libri, aveva contribuito a diffondere le opere di D’Annunzio nello spazio culturale tedesco. Le lettere di D’Annunzio a Fischer si trovano ora al Deutsches Literaturarchiv di Marbach (DLA) Le lettere di Samuel Fischer a D’Annunzio si trovano al Vittoriale alla collocazione A.G. XLVI, 2. Alcune lettere non pubblicate di Linda von Lützow a D’Annunzio si trovano al Vittoriale, alla collocazione A.G. XV, 3. Le lettere di D’Annunzio a Vollmoeller sono ora al Deutsches Literaturarchiv di Marbach (DLA); quelle di Vollmoeller a D’Annunzio nell’archivio del Vittoriale, A.G. XV, 2. Questi materiali, quando non diversamente indicato, sono stati pubblicati in Adriana Vignazia, Die deutschen D’Annunzio-Übersetzungen. Entstehungsgeschichte und Übersetzungsprobleme, Peter Lang, Frankfurt am Main, 1995.

A.A.V.V:, Neue italienische Lyrik, a cura di Julius von Litten, Reißner, Leipzig, 1888. Raffaella Bertazzoli, In margine ad una lirica dannunziana tradotta da Paul Heyse, in D’Annunzio e la cultura germanica, Atti del VI convegno internazionale di studi dannunziani, Pescara, 1985, pp.253-266. Hans Erich Binder, Franckh’sche Verlagshandlung Stuttgart. Geschichte einer alten Stuttgarter Firma, Stuttgart, 1952. Ivanos Ciani, Le Novelle della Pescara. Storia di un libro dannunziano, Ricciardi, Milano-Napoli, 1975, pp.93-143. ùGabriele d’Annunzio, Francesca da Rimini, Treves, Milano, 1902. Gabriele d’Annunzio, Feuer, Albert Langen, München, 1900. Gabriele d’Annunzio, pubblicazioni a puntate sulla «Neue deutsche Rundschau»: Der Unschuldige, in 6 (1895), pp.744-770; 855-873; 965-994; 1055-1083; 1152-1205; Lust, in 8 (1897), pp.24-42; 123-154; 241-255; 344-365; 457-494; 562-588; 674-710; 784-815; Der Triumph des Todes, in 10 (1899), pp.1-26; 121-150; 244-268; 357-383; 463-484; 567-616; 683-726; Siesta, dall’Episcopo in 11 (1900), pp.1091-1102; Die Parabel, in 12 (1901), pp.86-92; Die Jungfrauen vom Felsen, in 12 (1901), pp.362-397; 586-608; 686-710; Traum eines Herbstabends, in 13 (1902), pp.631-648; Francesca da Rimini, in 14 (1903), pp.1063-1101; 1167-1212; Die Gräfin von Amalfi, dalle Novellen der Pescara, in 14 (1903), pp.77-93. Gabriele d’Annunzio, Taccuini, a cura di E.Bianchetti e R.Forcella, Mondadori, Milano, 1965. Peter de Mendelssohn, S. Fischer und sein Verlag, S.Fischer, Frankfurt am Main, 1970.

Samuel Fischer, Ausländische Schriftsteller und deutscher Buchhandel, «Börsenblatt für Buchhändler» 81 (1914), p.1785. Samuel Fischer-Hedwig Fischer, Briefwechsel mit Autoren, S.Fischer, Frankfurt am Main, 1989. Ernesto Gagliardi, Bei Gabriele d’Annunzio, «Die Zukunft», 1901, p.201. Stefan George–Hugo von Hofmannsthal, Briefwechsel, Küpper, München, 1953. Massimo Grillandi, Emilio Treves, UTET, Torino, 1977. Katharina Meier-Troxler, Recezione delle opere di D’Annunzio nei paesi tedeschi, in D’Annunzio e la cultura germanica, Atti del VI convegno internazionale di studi dannunziani, Pescara, 1985. Robert Saitschik, Gabriele d’Annunzio, «Neue deutsche Rundschau» 6 (1895), pp.277-282. Vito Salierno, D’Annunzio e i suoi editori, Mursia, Milano, 1987. Käthe Scherpe, Gabriele D’Annunzios Romane und Dramen in der zeitgenössischen deutschen Kritik, Dissertation, Breslau, 1944. Ria Schmujlow-Claassen – Hugo von Hofmannsthal, Briefe Aufsätze Dokumente, a cura di Claudia Abrecht, «Marbacher Schriften» (18) 1982. Die Urhebergesetze und Litterarkonventionen des Deutschen Reiches, Bibliographisches Institut, Leipzig und Wien, um 1900.

 

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