di Valentina Raimondo, Enciclopedia dannunziana
Introduzione all’artista
Guido Marussig, pittore, scenografo, grafico, incisore e artista poliedrico, è uno degli artisti più vicini a Gabriele d’Annunzio a partire dal 1918. Il suo ruolo nella vita del Vate si caratterizza, specialmente nella prima fase del loro rapporto, per la connotazione fortemente politica delle creazioni a cui il pittore dà vita per lui. Partecipe dell’Impresa fiumana in qualità di Primo Edile, Marussig segue il Comandante realizzando per lui francobolli, decorazioni per velivoli e gestendo gli interventi di carattere artistico che si svolgono in città. Negli anni del Vittoriale resta una figura di riferimento all’interno del cantiere e infatti a lui si devono numerose opere che ornano la Prioria e il giardino.
Marussig nasce nel 1855 a Trieste dove studia pittura dapprima presso la scuola industriale della città e, in seguito, presso l’Accademia di belle arti di Venezia. Qui frequenta i corsi di Augusto Sezanne e di Ettore Tito. È l’ambiente veneziano, tra le Biennali, l’Opera Bevilacqua La Masa e la frequentazione assidua degli artisti che ruotano attorno a Ca’ Pesaro, a costituire il tessuto della sua cultura visiva a cui si aggiunge una particolare attenzione e studio della Secessione viennese, elemento quest’ultimo che connota stilisticamente la sua produzione. Una delle caratteristiche della sua arte è infatti dettata dalla sua capacità di far entrare in dialogo la cultura visiva nazionale e internazionale e di mantenere un solido legame con l’arte del passato.
La sua attività espositiva ha inizio nel 1902 a Roma con una mostra degli Amatori e cultori di belle arti. A partire dal 1905 inizia a esporre anche alle Biennali di Venezia. Nel 1908 è curatore delle scenografie e dei costumi per la Tragedia fiorentina di Oscar Wilde al Teatro Goldoni di Venezia. Partecipa come illustratore alla vita di numerose importanti riviste della prima metà del XX secolo, da «L’Eroica» a «Emporium», da «Lidel» a «L’Illustrazione Italiana». Trasferitosi a Milano nel 1916 inizia dall’anno successivo una lunga collaborazione, in qualità di grafico, con il Touring Club italiano. Nel 1918 inizia la sua attività di insegnamento presso la Scuola del libro dell’Umanitaria e l’anno successivo. È in quest’anno che prende vita anche la collaborazione con d’Annunzio.
Tra gli anni Venti e Trenta si intensifica la sua attività di pittore, attraverso l’esposizione in occasione di importanti mostre come le Biennali di Venezia e le Mostra d’arte del Sindacato interprovinciale fascista delle belle arti della Venezia Giulia a Trieste, la mostra dell’arte italiana tenutasi al Jeu de Paume di Parigi nel 1935. In questo periodo è particolarmente viva anche la sua attività di grafico: nel 1930 è l’ideatore della pubblicità per le motonavi «Saturnia» e «Vulcania» prodotte dalla compagnia armatrice triestina Cosulich. Nel 1936 fa parte, insieme con Bruno Munari ed Enrico Prampolini, della giuria per la classe della scenografia alla VI Triennale di Milano e in occasione della mostra espone un modello con la prima scena della Tempesta di W. Shakespeare.
A Milano insegna anche presso il regio liceo artistico di Brera e, a partire dall’inizio degli anni Quaranta, è coinvolto nel cantiere delle decorazioni artistiche del Tribunale di Milano progettato da Marcello Piacentini (l’opera che realizza è il grande mosaico con la rappresentazione della Giustizia che entra nell’aula). Durante questo decennio incrementa anche la sua produzione di scenografo collaborando assiduamente con il Teatro alla Scala. Tra le scenografie che realizza sono da menzionare quelle per Gli Orazi di Ennio Porrino (1941), per Il Nabucco di Giuseppe Verdi (1943), per Il Crepuscolo degli dei di Richard Wagner (1943) e per il Sansone e Dalila di Camille Saint-Saëns (1950). Tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ormai Maestro riconosciuto, è chiamato a far parte di numerose giurie e commissioni. Si spegne a Gorizia nel 1972.
I primi contatti con Gabriele d’Annunzio (1918-1919)
Il primo incontro tra Gabriele d’Annunzio e Guido Marussig avviene nel 1918 in seguito alla realizzazione da parte dell’artista del disegno per un calendario del Comitato di Assistenza Civile raffigurante una visione della Trieste trecentesca. L’opera, mostrata a d’Annunzio dal conte Pietro Foscari, è da lui molto apprezzata tanto da spingerlo a collaborare al progetto inserendovi due frasi autografe (Un artista triestino caro a d’Annunzio, 1938). D’Annunzio apprezza immediatamente lo stile e la capacità del pittore. La visione di Trieste medievale stilizzata graficamente fornisce a d’Annunzio la giusta intuizione sulle capacità dell’artista di inventare immagini che colpiscano e comunichino dei messaggi. Non è un caso, dunque, che il Vate lo scelga in questi anni e anche dopo l’impresa di Fiume quale inventore dei suoi simboli. Tra i primi progetti in cui Marussig è coinvolto c’è quello di trasporre sulle carlinghe degli aerei della sua squadriglia i motti Sufficit animus e Semper Adamas, già disegnati da Adolfo de Carolis. Tra gli apparecchi aerei ce ne è uno donato dai «fuoriusciti adriatici nel nome di Nazario Sauro [sottolineato nel testo]» (APV, Marussig Guido, 2 giugno 1918, inv. 32042; D’Annunzio e Trieste 2003, p. 103). L’artista accoglie le richieste manifestando l’intenzione di interpretare le imprese di de Carolis in modo da adattarne la forma per una migliore resa sugli aerei. In una lettera di luglio 1918 infatti chiarisce: «Per adattarle [le imprese] è bastato togliere il legno dello scalpello xilografico e ridurre un po’ il numero dei contorni, sì da renderle più sintetiche ed efficaci nell’aria libera e lucente» (AGV, Marussig Guido, XV 1, 12 luglio 1918; D’Annunzio e Trieste 2013, p. 105).
Allo stesso anno afferiscono altri due progetti che vedono la collaborazione dell’artista a imprese del Comandante: l’illustrazione della pergamena offerta dalla città di Venezia al Comandante Luigi Rizzo (fig. 1) e la realizzazione delle scenografie e dei costumi per l’adattamento musicale de La Nave realizzato da Italo Montemezzi e messo in scena il 3 ottobre 1918 alla Scala di Milano (Mellace 2016). È in particolare in questo secondo caso, che d’Annunzio dimostra la fiducia nei confronti del pittore la cui produzione era particolarmente apprezzata forse anche per la particolare attenzione dall’artista riservata alla rappresentazione del tema della città e di Venezia in particolare che diventa protagonista della scenografia per l’opera dannunziana. Il tema e il soggetto dell’opera spingono difatti l’artista a sviluppare una scenografia con ambientazione marinara e portuale. Marussig trae spunto dalle visioni di Venezia e Trieste che diventano una fonte visiva essenziale insieme a tutto il territorio dell’Adriatico (fig. 2). Le scene per l’opera lirica costituiscono per l’artista un modo per mettersi alla prova rispetto al grande formato dell’allestimento teatrale.
Marussig si diede al lavoro con entusiasmo. Frugò, compulsò, chiese alle cronache, alle istorie, ai monumenti dell’antica civiltà adriatica gli elementi necessari per tradurre in visioni pittoriche le descrizioni mirabili contenute nelle didascalie dannunziane; e su questo materiale lavorò da poeta, interpretò da poeta. Bisognerebbe poter riprodurre qui, accanto ai bozzetti, gli originali da cui il Marussig ha attinto, per dare un’idea adeguata delle sue ricerche. Santa Fosca di Torcello, l’Eufrasiana di Parenzo, il Mausoleo di Galla Placidia, le chiese di San Giovanni Evangelista, di Sant’Apollinare in Classe e di San Vitale a Ravenna, la Badia di Pomposa, San Giusto di Trieste, il tempietto longobardo di Cividale gli fornirono elementi preziosi. […] Si confrontino, ad esempio, le tovaglie della mensa e le idrie raffigurate nell’abside di San Vitale con le tovaglie e le idrie disegnate per l’Agape del secondo episodio; si confrontino i costumi di quei Re Magi che, in un mosaico di Sant’Apollinare, presentano i doni alla Vergine, o le tappezzerie e le vesti muliebri dell’«Offerta di Teodora alla religione» nella medesima chiesa, con i costumi e le tappezzerie ideati dal Marussig per La Nave, e si vedrà come e su quali fondamenta l’immaginazione dell’artista abbia edificato. […] E il Marussig si è appunto studiato di dare all’insieme degli scenari, degli oggetti scenici e dei costumi il carattere, non di una scena reale, ma di un’apparizione pittorica (Bucci 1918, pp. 171-179).
L’attenzione di Marussig nel rappresentare un immaginario che facesse riferimento ad uno specifico territorio, quello adriatico, ben si colloca all’interno del programma politico dannunziano che avrebbe trovato di lì a un anno la sua massima espressione con l’Impresa di Fiume.
Il fattore politico, la scelta dell’artista di rappresentare la propria terra, costituiscono in questa prima fase l’elemento trainante della loro collaborazione che trova la sua più ampia espressione in un progetto mai realizzato, ideato da Marussig, che prova a coinvolgere il Comandante. Nell’ottobre 1918, dopo il lavoro per la rappresentazione de La Nave alla Scala, Marussig scrive a d’Annunzio affinché perori la sua causa: l’artista desidera infatti realizzare un monumento a Guglielmo Oberdan da donare alla città di Trieste.
Vorrei donare alla mia città di Trieste il progetto di un monumento a Guglielmo Oberdan, precursore dei martiri giuliani e trentini, ed eventualmente agli stessi martiri e caduti della mia Terra in quest’ultima guerra per l’indipendenza. […] Vorrei che le ossa dei martiri fossero innalzate nel mezzo della città, e che la nuova vita vi circolasse dintorno. […] Vorrei che fossero ricomposte in una grande area antica. Le arche autentiche dovrebbe donarle a Trieste la città di Roma. Io disegnerei il monumento che dovrebbe sostenere e proteggere i sarcofagi. Lo vorrei composto da gradoni, da un fascio di colonne sorreggenti il ripiano per le arche custodite superiormente da un grande baldacchino a piramide. Il monumento sarebbe costruito con la pietra bianca d’Istria e con l’arenaria del Carso […] ed avrebbe la piramide foderata con scaglie delle stalattiti e stalagmiti delle caverne di San Canziano, gialle come topazio. […] Come Ella avrà già visto da questa mia breve descrizione questo tipo di monumento e di onoranza prettamente italico ricorderebbe nelle sue linee generali le tombe dei glossatori che stanno all’ombra di San Francesco in Bologna […] Io, però, lo comporrei liberamente e lo vorrei nello stile triestino dell’ultimo dugento e dei primi anni del trecento: nello stile severo e disadorno del mio vecchio San Giusto e di alcuni monumenti ravennati. […] Io affido ora a Lei questo mio segreto e questa mia idea. Solamente Lei può lanciarla nel momento che crederà più opportuno, politicamente: solamente Lei può dettarvi le epigrafi commemorative (AGV, Marussig Guido, XV 1, 18 ottobre 1918; D’Annunzio e Trieste 2003, p. 107).
Sebbene d’Annunzio risponda con entusiasmo alla proposta, promettendo di perorare la causa, il progetto non va in porto rimanendo testimonianza del comune sentimento politico che trova a Fiume una manifestazione più strutturata.
Fiume e il suo Primo Edile
L’impresa fiumana determina un ulteriore saldarsi del rapporto tra d’Annunzio e Marussig. L’artista è coinvolto dal Comandante nella realizzazione di numerose opere e immagini simboliche che avevano lo scopo di diffondere a livello visivo quanto d’Annunzio stava realizzando a livello politico nella città. La presenza del pittore a Fiume è inoltre rimarcata dal ruolo che d’Annunzio gli affida: quello di Primo Edile, figura delineata all’interno della Carta del Carnaro dove è enunciata, tra le altre cose, la necessità che la politica si faccia promotrice di una coscienza estetica comune. Nell’articolo LXIII della costituzione fiumana, dal titolo Della edilità, è infatti annunciata l’istituzione di una commissione di edili che avrebbero dovuto diventare punto di riferimento rispetto a questioni di carattere architettonico e artistico (D’Annunzio 1920, pp. 62-63). Il collegio non sarà mai istituito, e gli unici artisti che risultano nominati edili sono quelli che in questi anni lavorano più spesso con d’Annunzio: Marussig e de Carolis (Raimondo 2020).
L’artista triestino è in primo luogo coinvolto nella realizzazione di uno dei francobolli che il Comandante aveva fatto realizzare, più precisamente quello con il suo ritratto. D’Annunzio aveva infatti già fatto disegnare quattro francobolli a Adolfo de Carolis (fig. 3), il quale però si era rifiutato di eseguire il quinto con l’effige dannunziana (AFV, De Carolis Adolfo, serie corrispondenza, 10 febbraio 1920).
Mio caro Marussig, il Consiglio nazionale ha deliberato d’istituire un francobollo con la mia effigie, se bene la mia modestia vi si opponga. Ho indicato Lei come l’artista che mi fu concesso di scegliere. E ora so ch’Ella ha già lavorato pel Consiglio. Il francobollo deve avere una nobile impronta d’arte. Il motivo decorativo può essere il lauro fiumano, che orna tutte le nostre feste. Nel caso vi si possa includere un motto, c’è da scegliere fra questi tre, già adoperati nelle nostre insegne: “Cosa fatta capo ha”, “Hic manebimus optime” e “Ardisco non ordisco”. Ella dovrebbe inspirarsi alla grande testa nuda che fu riprodotta dall’Illustrazione italiana nel numero dedicato all’impresa di Vienna. Giova, naturalmente, una “idealizzazione” dell’effigie (AFV, Marussig Guido, serie corrispondenza, 21 marzo 1920) (fig. 4).
Marussig sceglie il motto “Hic manebimus optime” e inizia a elaborare il ritratto che è definito da un fitto tratteggio. Il volto è rappresentato come fosse un elemento scultore a ribadire il suo valore simbolico.
Il ruolo di Primo Edile comporta numerosi altri interventi di cui non è rimasta traccia se non attraverso un articolo apparso nel 1920 sulla rivista «Emporium» che rimane ad oggi la principale fonte per la ricostruzione degli interventi di Marussig a Fiume.
Uno dei primi atti del nuovo Edile in Fiume, che meglio piacquero al Comandante, e che da lui furono ispirati, fu l’erezione in piazza Dante, avvenuta durante i festeggiamenti per la proclamazione della Reggenza e l’anniversario della Santa Entrata, da lui stesso in gran parte organizzati e diretti, di tre pilastri reggi-stendardo in pietra dura d’Istria. La costruzione particolare di questi pilastri è tutto un omaggio alla più antica e più sincera tradizione veneziana. […] Marussig […] ha foggiato i tre pili in uno stile grosso e primitivo che dà ad essi un carattere di costruzione molto antica e rudimentale; e nella parte posteriore di ognuno di essi ha legato, semplicemente, con cerniere di ferro che ne assicurano la parte più bassa dentro un incavo inciso apposta nel sasso, le tre antenne dritte, lunghissime, che si ergono reggendo in cima un cimiero metallico, il quale riproduce la figurazione che i Veneziani usavano adottare del mappamondo, con le circonferenze dei meridiani che s’intersecano, e la bandiera, metallica, della Reggenza, che è divisa in tre fiamme, a differenza di quella antica di Venezia, che dapprima aveva cinque code, corrispondenti alle cinque divisioni della città, e dopo, quando essa fu divisa in sestieri, ne ebbe sei. Dei tre pili reggi-stendardo i due laterali sono spogli di iscrizioni; laddove quello centrale, che sostiene l’antenna con il grande gonfalone della Reggenza, porta incisa una iscrizione che fu dal Comandante dettata al Marussig. Essa dice, in caratteri del nostro Rinascimento: ANNO | ET | LIBERTATIS | PRIMO | ITALICO | MCMXX. Un cimelio preziosissimo è contenuto in questo pilastro. Il 10 di settembre di questo anno, che è precisamente il giorno dell’inaugurazione dei pilastri, il Comandante, arrivando di mattina nella piazza in testa a tutti i suoi arditi che si erano esercitati al lancio delle bombe nel campo di Porto Baros, ha murato con le stesse sua mani entro un foro preparato nel sasso, un bossolo di argento contenente il giuramento della Reggenza e tre foglie di lauro fiumano (Fimiani 1920).
Sempre nell’ambito dei festeggiamenti in occasione dell’anniversario della marcia di Ronchi spetta all’artista la scelta di recuperare e posizionare nella piazza del municipio un antico pilo medievale. Marussig realizza anche lo studio e il gonfalone della città di Fiume con il motto “Quis contra nos” con il serpente uroboro e la costellazione dell’Orsa Maggiore. Tra le immagini simboliche che Marussig crea su richiesta di d’Annunzio durante il periodo fiumano è da segnalare anche l’insegna con la raffigurazione della traslazione della Santa Casa da Nazareth a Loreto e il bozzetto del distintivo, mai realizzato, degli Arditi della XXII squadra d’assalto.
Nella prima immagine Marussig raffigura la Santa Casa al centro del disegno, retta ai lati da due gruppi di tre angeli definiti da un tratteggio sintetico. Al di sopra e al di sotto del disegno è presente l’iscrizione “Angelorvm misterio ab / infidelivm potestate / in Dalmatiam privs / deinde in agrvm lavretanvm / translata fvit” di San Bernardo in cui si fa riferimento alla leggenda che vorrebbe che durante il viaggio della Santa Casa da Nazareth a Loreto gli angeli che la trasportavano avessero fatto sosta in Dalmazia (fig. 5). La scelta su questo simbolo ricade anche in virtù del decreto papale che proprio nel 1920 stabiliva che la Madonna di Loreto fosse nominata protettrice degli aviatori (Procacci 1998; Di Ciaccia 2004) (fig. 6).
Gli anni del Vittoriale
Marussig continua a lavorare per d’Annunzio anche dopo l’impresa fiumana e diventa una delle figure di riferimento per la decorazione degli ambienti interni ed esterni alla dimora di d’Annunzio al Vittoriale. Specialmente tra il 1922 e il 1926, l’artista contribuisce a impreziosire la dimora di d’Annunzio (Arte plastica al Vittoriale 1927).
La prima richiesta risale già all’indomani dal suo trasferimento a Cargnacco, nel 1921, quando d’Annunzio chiama Marussig affinché si occupi della realizzazione del pilo della Reggenza del Carnaro per il Vittoriale da collocarsi nei giardini. La prima indicazione nella corrispondenza fra i due è già del mese di giugno del 1921 quando l’artista fa sapere al Comandante quali avrebbero dovuto essere le misure esatte dell’opera (AGV, Marussig Guido, XV 1, 29 giugno 1921; D’Annunzio e Trieste 2003, pp. 116-118). Il pilo è realizzato in marmo di Botticino e presenta a bassorilievo un ornamento recante i simboli dell’impresa: il serpente uroboro e la costellazione dell’Orsa Maggiore. Sarà innalzato il 14 ottobre e l’evento sarà testimoniato da una pergamena con l’indicazione della data e degli esecutori dell’opera che avvolge un bossolo e che è inserita in un piccolo loculo fatto scavare sotto il pilo stesso (fig. 7). Oltre a questo pilo si deve sempre a Marussig il disegno del Pilo del “Dare in brocca”, realizzato prima del 1924 e con la raffigurazione delle tre frecce e dei tre cerchi.
Nel 1924 Marussig elabora una piccola scultura in bronzo dorato raffigurante il simbolo della Vittoria mutilata che è collocata all’ingresso della Prioria.
Le altre decorazioni sono realizzate tutte tra il 1922 e il 1926 e sono: i soffitti della Camera della Leda, della Veranda dell’Apollino, del bagno con il motto Ottima è l’acqua, del Portico del Parente dedicato a Michelangelo; a lui spetta anche il disegno di diverse tappezzerie, oltre che la trasposizione del disegno de La traslazione della Santa casa a Loreto sull’auto adoperata da d’Annunzio per la Marcia di Ronchi; il dipinto raffigurante il leone di San Marco per la Stanza delle Reliquie (fig. 8); la composizione ad affresco e su gonfalone delle insegne principesche di Montenevoso; le sagome in lamiera di ferro raffiguranti i galli per il pollaio, per non parlare della vetrata raffigurante San Giusto realizzata insieme a Pietro Chiesa.
Particolarmente importanti sono i disegni per la casata nobiliare creata nel 1924 per d’Annunzio, quella del Principato di Montenevoso. Marussig si occupa infatti di realizzare gli stemmi, uno in marmo e l’altro ad affresco, lo stendardo e il bozzetto per il manto, lo scettro e la corona. Il Principato, insignito a d’Annunzio in seguito all’impresa di Fiume, prende il nome dal Monte Nevoso in Slovenia. Realizzati anch’essi nel 1924 gli emblemi del Principato, specialmente quello del dipinto murale collocato nel Cortile degli Schiavoni, sono carichi di rimandi fiumani. L’insegna, ideata da Marussig, si compone di uno scudo sannitico con la rappresentazione del Monte Nevoso e la costellazione dell’Orsa Maggiore. Lo scudo è ornato da un cordone francescano e posto all’interno di una cortina formata dalle bandiere della Reggenza del Carnaro. In alto la corona principesca è disposta tra le bandiere di Fiume e della Dalmazia e al di sopra del cartiglio col moto “Immotus nec iners” (fig. 9).
Durante questi intensi anni di attività d’Annunzio commissiona all’artista anche alcune illustrazioni: quelle per l’edizione della Parisina che però non saranno mai eseguite; un disegno per la dedicazione dell’aeroporto di Ghedi al tenente Luigi Olivari (1921); le illustrazioni per la copertina del Patto Marino, realizzate ma mai pubblicate (1923) (fig. 10).
A partire dal 1926 il rapporto lavorativo tra il Vate e il pittore inizia a diradarsi fino ad esaurirsi quasi del tutto. Già dalla fine degli anni Venti dello scorso secolo, infatti, la corrispondenza tra i due cessa. A distanza di anni dalla morte del Comandante Marussig invia agli Archivi del Vittoriale copia delle lettere inviategli dal Vate. Questi preziosi documenti, insieme a quelli già conservati da d’Annunzio, costituiscono una preziosa fonte per ricostruire il loro rapporto.
Bibliografia essenziale
Bibliografia primaria
Fondazione Il Vittoriale degli Italiani, Archivio Personale [APV], Marussig Guido
Fondazione Il Vittoriale degli Italiani, Archivio Generale [AGV], Marussig Guido, XV 1
Fondazione Il Vittoriale degli Italiani, Archivio Fiumano [AFV], Marussig Guido, Serie corrispondenza
Bibliografia secondaria
Arte plastica al Vittoriale. Marussig e le sue mirabili interpretazioni decorative, «Il Lavoro d’Italia», 17 marzo 1927
Vincenzo Bucci, «La Nave» nel cantiere. Un varo alla Scala di Milano, «Emporium», ottobre 1918, vol. XLVIII, n. 286, pp. 171-179.
Gabriele d’Annunzio, La Reggenza italiana del Carnaro. Disegno di un nuovo ordinamento dello Stato libero di Fiume, Roma, La Fionda 1920
D’Annunzio e Trieste nel centenario del primo volo, a cura di Annamaria Andreoli, catalogo della mostra (Trieste, Musei del Canal Grande 12 aprile – 19 ottobre 2003), Roma, De Luca Editori d’Arte 2003, pp. 101-167.
Francesco Di Ciaccia, D’Annunzio e la xilografia lauretana di Guido Marussig, Milano, Edizioni Rosetum 2004
Benvenuto Disertori, Guido Marussig, «Vita trentina», marzo 1907, a. V, n. 12, pp. 101-103
Oliviero Emoroso, I servizi postali e la filatelia tra vicende storiche e vita di tutti i giorni, Ladispoli, Press Up 2013, pp. 274-295
R. Fimiani, La Reggenza del Carnaro e il suo “Primo” Edile, «Emporium», ottobre 1920, n. 310, pp. 219-224.
Alberto Francini, Artisti contemporanei: Guido Marussig, «Emporium», dicembre 1924, n. 360, pp. 761-774
Angelo Frattini, Guido Marussig, «Secolo XX», agosto 1922, n. 8, pp. 591-592
Guido Marussig. Il mestiere delle arti, a cura di Vanja Strukelij, Gianfranco Sgubbi, catalogo della mostra (Trieste, Civico Museo Revoltella 31 luglio – 10 ottobre 2004), Trieste, Museo Revoltella 2004
Raffaele Mellace, Su le soglie del lido. Spazio e paesaggio nella Nave, tra d’Annunzio e Montemezzi, «Archivio d’Annunzio», ottobre 2016, vol. 3, pp. 81-96
Giuliano Procacci, D’Annunzio, Mussolini e la Madonna di Loreto, «Studi storici», luglio-settembre 1998, n. 3, pp. 739-744
Valentina Raimondo, Gli artisti che hanno contribuito ai simboli dannunziani, in Fiume 1919-2019. Un centenario europeo tra identità, memorie e prospettive di ricerca, atti del convegno di studi (Gardone Riviera, Fondazione Il Vittoriale degli Italiani 5-7 settembre 2019), Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale 2020, pp. 273-291
Valentina Raimondo, “Un’amicizia triestina del grande poeta”. Guido Marussig creatore di simboli per Gabriele d’Annunzio, «QualeStoria», 2023, n. 51, fasc. 1-2, pp. 175-193
S.a., Un artista triestino caro a d’Annunzio, «Piccolo», 12 marzo 1938
Valerio Terraroli, Il Vittoriale. Percorsi simbolici e collezioni d’arte di Gabriele d’Annunzio, Milano, Skira, 2001