di Luciano Faverzani, Enciclopedia dannunziana
Quando il 24 luglio del 1914 in Europa ebbe inizio la prima guerra mondiale, Gabriele d’Annunzio viveva ancora il suo volontario esilio in terra di Francia. Dal suo esilio francese si fece paladino dell’intervento italiano in guerra scagliandosi con veemenza contro il neutralismo del governo Giolitti. Dichiarata dal governo italiano la guerra agli imperi centrali, d’Annunzio chiese, nonostante l’età (aveva infatti 51 anni), di essere arruolato. Dopo molte insistenze la sua richiesta fu accolta e fu integrato con il grado di tenente di complemento nei bianchi lancieri di Novara e destinato alla III Armata al comando di S. A. R. Emanuele Filiberto di Savoia Duca d’Aosta.
Il tenente d’Annunzio, durante i lunghi anni della guerra, non si risparmiò alcun disagio ed affrontò il pericolo sempre con grande coraggio anche a rischio della sua vita. Sin dai primi mesi di guerra la sua attenzione fu totalmente rivolta all’aviazione, della quale il Comandante riconobbe subito le potenzialità belliche. La prima impresa alla quale partecipò fu l'”azione dimostrativa-offensiva” contro Trieste. L’azione ebbe luogo il 7 agosto 1915 e d’Annunzio ebbe la qualifica di “meccanico”; egli aveva preparato un messaggio che fu lanciato in sacchetti tricolore su Piazza Grande e San Giusto; pilota dell’Albatros 170 HP n. 30 era il tenente di vascello Giuseppe Miraglia. Il successivo 20 settembre, dopo aver portato il proprio messaggio di libertà ai fratelli triestini, decise di compiere un’altra operazione dimostrativa questa volta sulla città di Trento; la scelta della data non fu casuale (la presa di Roma), ed anche in questa occasione lanciò un messaggio che intestò “ai fratelli in Dante”. Durante questa missione alla guida del Farman 1914 vi era il capitano Ermanno Beltramo.
Dopo questa seconda impresa la fama di d’Annunzio iniziò a consolidarsi e in attesa di nuovi trionfi decise di recarsi al fronte dove per la prima volta entrò in contatto con il dramma della guerra. Nel frattempo il tenente Miraglia progettava una nuova incursione dimostrativa questa volta su Zara; il volo era programmato per il 23 dicembre 1915 ma, purtroppo, il giorno 21 durante un volo di esercitazione il tenente Miraglia precipitò con il suo aereo morendo sul colpo e l’impresa fu annullata. Dopo la morte dell’amico a d’Annunzio venne affiancato un nuovo pilota, il Sottotenente di Vascello Luigi Bologna, con il quale già il 15 gennaio 1916 progettò di compiere un volo di ricognizione sull’Istria. Il volo non ebbe però successo e durante il rientro al momento dell’ammaraggio, l’aereo, un Lohner, impattò violentemente in acqua e Gabriele d’Annunzio picchiò con violenza l’occhio destro contro il bordo della carlinga. L’incidente, oltre ad una lieve ferita superficiale, gli causò un forte trauma che egli, per paura di non poter più volare, nascose ai commilitoni. Questa negligenza gli costò la perdita dell’occhio destro; fu costretto dai medici ad un lungo periodo di riposo che egli trascorse nella Casetta Rossa a Venezia. La perdita dell’occhio lo portò a coniare per sé il soprannome di “Orbo veggente”. Le missioni aeree compiute in quel primo anno di guerra gli guadagnarono la prima medaglia d’argento al Valor Militare. La decorazione gli fu conferita con la seguente motivazione:
Come Ufficiale osservatore prese parte volontariamente a varie missioni di guerra compiute nel territorio nemico da idrovolanti della R. Marina, mantenendo sempre contegno esemplare e coraggioso e dando costante prova di sangue freddo e giovanile ardimento anche sotto il tiro dell’avversario. In un atterraggio riportava grave lesione all’occhio destro. Alto Adriatico, maggio 1915 – febbraio 1916.
D’Annunzio ebbe comunicazione scritta da parte del Ministro della Marina del conferimento della medaglia al valore. Il Comandante rispose al telegramma con questa lettera:
L’alta ricompensa che con tanta bontà l’Eccellenza Vostra mi annunzia supera di molto quello che ho potuto fare perché il non ozioso amore per più di 30 anni da me professato alla marina italiana avesse suggello. Esso mi da oggi la impazienza di levarmi in piedi per cercare una più bella occasione meritoria. Creda l’Eccellenza Vostra alla mia sempre più pronta volontà di servire e alla mia devozione senza limite. Gabriele d’Annunzio.
Il “giorno della mia rinascita”, come egli la definì, si ebbe il 13 settembre 1916 quando con la qualifica di “osservatore pilota” partecipò, al comando di Luigi Bologna, al bombardamento di Parenzo.
Nonostante l’ottimo recupero, d’Annunzio decise di farsi assegnare come ufficiale di collegamento alla 45ª divisione di fanteria della Terza Armata al Comando del Generale Venturi. Fra il 10 e il 12 ottobre partecipò all’attacco del Monte Veliki e del Monte Faiti, e, fra il 31 ottobre e il 4 novembre, alla 9ª battaglia dell’Isonzo con i fanti del 77° reggimento fanteria “Lupi di Toscana” al comando del Maggiore Giovanni Randaccio. Per queste operazioni d’Annunzio si guadagnò la promozione a Capitano per merito di guerra e gli fu concessa una seconda medaglia d’argento al Valor Militare.
Questa la motivazione della medaglia d’argento:
Durante le azioni dal 10 al 12 ottobre e dal 1° al 3 novembre, fu compagno ai soldati che conquistarono il Veliki ed il Faiti. Entusiasta e ardito in ogni suo atto, l’esempio dao fu pari alla parola e agli effetti ottenuti efficaci e completi. Veliki-Kriback 10-12 ottobre, Faiti-Krib 1-3 novembre 1916.
Dopo questa parentesi in trincea d’Annunzio tornò ad occuparsi di aviazione e chiese, nell’aprile del 1917, di essere assegnato al Gruppo Squadriglie di bombardamento al comando del maggiore Oronzo Andriani. Egli non fu solo un combattente dell’aria ma anche un teorico dell’utilizzo dell’aviazione nelle operazioni di guerra; nel maggio del 1917 inviò al Generale Cadorna una relazione tecnica dal titolo “Dell’uso delle squadriglie di bombardamento”. D’Annunzio divenne così un punto di riferimento per la FIAT e per la Caproni.
Per questo suo impegno non solo pratico ma anche teorico nello sviluppo e nell’attuazione di incursioni aeree con bombardieri ottenne la sua terza medaglia d’argento al Valor Militare con questa motivazione:
Osservatore dall’aereoplano con la sua vibrante e convincente parola, con l’esempio ardimentoso, fu instancabile nell’incitamento di imprese aeree. Il 23 maggio 1917 con entusiasmo pari alla temerità prese parte a un’azione di bombardamento eseguita in appoggio alle truppe della Terza Armata, concorrendo con efficacia alla vittoria delle armi d’Italia. Infaticabile esempio di fierezza e di ardimento. Cielo carsico, 23 maggio 1917.
Le operazioni terrestri delle quali d’Annunzio fu protagonista nel maggio del 1917 portarono il Comando della Terza Armata a proporlo per una nuova medaglia d’argento al Valor Militare. Avendo però il Comandante già ricevuto tre medaglie d’argento al valore così il Duca Emanuele Filiberto di Savoia scriveva al Comando Supremo:
Con elenco 2712 di protocollo on. In data 29 giugno c. a. ho trasmesso a cotesto fra le altre anche la partecipazione della medaglia d’argento al valor militare concessa al Capitano Gabriele d’Annunzio.Tale medaglia era a lui stata data per atti di valore compiuti quale ufficiale di collegamento presso il Comando della 45ª divisione nei giorni dal 26 al 28 maggio.
Successivamente dal Comando d’Aeronautica d’Armata mi fu trasmessa l’acclusa proposta per altra medaglia d’argento al valore militare come ricompensa di quanto dallo stesso Capitano d’Annunzio fu compiuto in un’impresa aerea il 23 maggio
Nella considerazione che gli atti di valore compiuti al suddetto ufficiale, pur essendo di data e località diverse, avvennero tuttavia durante la stessa battaglia, e considerando altresì che egli è già decorato di tre medaglie d’argento al valor militare e per conseguenza non gliene può essere concessa una quarta, ho disposto che sia modificata la motivazione della precedente ricompensa in modo che la medaglia che gli fu data per l’azione dal 26 al 28 maggio serva anche quale ricompensa per gli atti di valore da Lui compiuti il giorno 23.
La motivazione precedente viene quindi sostituita da questa:
In grandiosa impresa aerea da lui stesso propugnata e in aspro combattimento terrestre sul Timavo superato, fu per il suo ardimento di meraviglia agli stessi valorosi. Cielo Carsico e Timavo, 23-28 maggio.
Il Ten. Gen. Comandante dell’Armata
E. F. Savoia
Nel successivo mese di agosto, nella prima decade partecipò a tre operazioni offensive sulla piazzaforte di Pola; in occasione dell’incursione compiuta nella notte fra l’8 e il 9 d’Annunzio decise di coniare un motto d’incitamento e rifacendosi all’antichità lo trovò nel grido “Eia Eia Eia Alalà!”. Le incursioni su Pola valsero a d’Annunzio la promozione a Maggiore per merito di guerra (“Per aver preparato e condotto le incursioni notturne sopra la piazzaforte di Pola nelle notti sul 3, 4 e 9 agosto 1917”) e un Encomio solenne con la seguente motivazione:
Alle tre azioni offensive su Pola, primo fra i primi, ha partecipato il Cap. Gabriele d’Annunzio che, venendo a noi, ci ha portato tutto l’ardore della sua fede, tutta la freschezza ed il valore del suo entusiasmo. Nell’additarlo all’ammirazione di tutti gli equipaggi, porgo a lui la più alta espressione di lode.
Alla fine del mese di agosto, in appoggio alle truppe di terra, partecipò ad un’operazione su Gorizia; ferito ad un polso e con l’aereo crivellato di colpi riuscì a far ritorno alla base. Proposto per la sua quinta medaglia d’argento al valor militare, non potendo riceverla gli fu commutata nella croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia. La motivazione così recita:
Capo di squadra aerea nei voli dell’offensiva d’agosto 1917 seppe, con magnifico esempio, renderne l’azione concorde ed efficacissima. Nel cielo del campo di battaglia, contrastato da intensissimo tiro di ogni arma, osò l’inosabile, fulminando il nemico dalle più basse quote con audacissima insistenza. La mattina del 21 agosto riportò leggera ferita al polso sinistro da scheggia di granata e il Caproni che volò a 50 metri sulle linee nemiche, fu in ogni azione crivellato di colpi e leso in organi vitali. Cielo Carsico 19-26 agosto 1917.
Fra la fine del mese di settembre e i primi giorni di quello di ottobre del 1917 d’Annunzio lasciò il Friuli e si recò in Puglia, a Gioia del Colle, da dove la notte fra il 4 e il 5 ottobre partì al comando di una nuova incursione aerea alle Bocche di Cattaro. La decisione di attuare il bombardamento di Cattaro fu determinata dal fatto che il porto dalmata era una delle più sicure base navali austriache e che la sua posizione centrale in Adriatico rappresentava una costante minaccia per le coste italiane.
Il progetto di massima dell’operazione fu firmato dal Generale Leone Andrea Maggiarotti, Capo dei Servizi aeronautici del Comando Supremo, il 28 agosto 1917 e stabiliva, fra l’altro, che la missione avrebbe avuto quale base operativa l’aeroporto di Gioia del Colle. Per questa impresa furono utilizzati 14 bombardieri Caproni 450 HP modificati in modo da aumentare la loro autonomia da 4 a 6 ore di volo. Dell’operazione furono incaricate la Squadriglia 1° bis al comando del capitano Maurizio Pagliaro, della quale fece parte Gabriele d’Annunzio come osservatore, e la Squadriglia 15° bis al comando del capitano Leonardo Nardi. I 14 bombardieri giunsero a Gioia del Colle il 24 settembre. Il 4 ottobre, dopo dieci giorni di angosciosa attesa, l’operazione poté avere inizio. Alle ore 23 il primo Caproni si levò in volo. Ogni bombardiere era carico di 250 kg di bombe, 2 da 75 kg e 4 da 25 kg. L’impresa ebbe successo e fu definita da d’Annunzio “Impresa di Ulissidi”. Tutti gli ufficiali e sottufficiali furono decorati di medaglia di bronzo al Valor Militare, mentre gli uomini di truppa ricevettero solamente un encomio. Per l’impresa di Cattaro d’Annunzio fu insignito di medaglia di bronzo al Valor Militare.
La motivazione della decorazione era la seguente:
Su apparecchi terrestri, percorrendo un lungo tratto di mare aperto in condizioni avverse, riusciva con altri, a raggiungere le Bocche di Cattaro ed a colpire con grande esattezza ed afficacia gli obiettivi navali, ritornando con tutti gli altri alla base, nonostante le deviazioni inevitabili nella crescente foschia. Bocche di Cattaro 4-5 ottobre 1917.
L’ultimo anno di guerra vide Gabriele d’Annunzio protagonista di due memorabili imprese che lo consegnarono definitivamente alla storia della prima guerra mondiale. La prima ebbe luogo nella notte fra il 10 e l’11 febbraio 1918 quando partecipò, come “volontario marinaio”, alla beffa di Buccari. L’impresa di Buccari fu ideata da Costanzo Ciano, Luigi Rizzo e Gabriele d’Annunzio, che volle dedicarla a due “fratelli piloti”, Maurizio Pagliano e Luigi Gori, morti durante un’operazione aerea in territorio nemico il 20 dicembre 1917. L’operazione ebbe inizio il 10 febbraio. Destinati all’incursione furono i MAS 94, 95 e 96 con un equipaggio totale di 30 uomini. Gabriele d’Annunzio era imbarcato sul MAS 96 al comando del Capitano di Fregata Costanzo Ciano e del Capitano di Corvetta Luigi Rizzo La missione ebbe inizio alle ore 11.00 quando i tre MAS al rimorchio dei cacciatorpedinieri “Animoso”, “Audace” e “Giuseppe Cesare Abba”, lasciarono Venezia. Alle ore 22.30 il convoglio giunse in prossimità della costa istriana e, mollati i rimorchi, i tre MAS partirono azionando i rumorosi motori a scoppio. Poco dopo la mezzanotte le tre imbarcazioni imboccarono la baia di Buccari e, spenti i motori a scoppio, misero in azione quelli elettrici. Giunti nella parte più profonda della baia, alle ore 1,20 furono lanciati tre siluri che urtarono i piroscafi “Burma”, “Visegrad”, “Klumetzky” e “Beloma” senza però arrecare loro gravi danni e senza affondarli. Compiuta la missione i tre MAS accesero i motori a scoppio e in 15 minuti avevano già lasciato la baia di Buccari. Forte fu la delusione degli equipaggi che pensavano di trovarsi davanti la flotta imperiale e non dei semplici piroscafi. Tale fu la sorpresa dell’incursione che le batterie austriache che presidiavano il porto e l’ingresso della baia non ebbero il tempo di reagire. Come era ormai suo costume, Gabriele d’Annunzio anche per questa missione aveva preparato dei messaggi che furono abbandonati in bottiglie con nastri tricolore. Ormai in mare aperto i tre MAS giunsero all’incontro con le siluranti e in formazione fecero rientro ad Ancona dove furono accolti con grande entusiasmo e portati in trionfo.
Per tale impresa d’Annunzio ricevette la medaglia di bronzo al Valor Militare, non potendo ricevere quella d’argento, ma nel 1923 con Decreto Luogotenenziale, caduta la limitazione che permetteva di ricevere solamente tre medaglie d’argento, ottenne la quarta. La motivazione fu la seguente:
Incitatore efficace, ammirevole per fede ed ardimento, esempio perseverante di militari virtù, partecipò volontario alla incursione di Buccari contro navi rifugiate nella parte più profonda del lungo, stretto, munito ancoraggio avversario, esponendosi poi al ritorno alla reazione del nemico, la quale per mare, per terra, per aria si presentava facilissima, naturale sicura. Baia di Buccari 10-11 febbraio 1918.
La seconda impresa ebbe luogo il 9 agosto 1918 e rappresentò l’impresa più ardua che si potesse pensare e cioè il volo su Vienna, capitale dell’Impero. Sin dall’inizio della guerra Gabriele d’Annunzio aveva partecipato ad alcune incursioni aeree dimostrative su Trieste e su Trento; proprio di ritorno da quest’ultima missione aveva su di una fotografia che lo ritraeva in compagnia del capitano Ermanno Beltramo scritto la seguente dedica: “Campoformido: ott. 1915. Donec ad metam: Vienna!”.
Da queste poche parole vergate su di una fotografia possiamo vedere come sin dal lontano 1915 Gabriele d’Annunzio aveva in progetto di portare le ali italiane nei cieli della capitale imperiale. La realizzazione di tale progetto fu lunga e laboriosa e fu possibile realizzarla solamente nell’ultimo anno di guerra. L’autorizzazione alla realizzazione del raid su Vienna giunse solamente il 28 luglio 1918 e superando le titubanze che avevano messo in discussione l’utilità della partecipazione di d’Annunzio al volo, il Comando Supremo decise non solo di autorizzare il Comandante a partecipare al volo, ma decise di attribuirgli il comando della missione. Nell’autorizzazione era specificato che il volo poteva essere realizzato nell’arco di cinque giorni e che per nessun motivo potevano essere usate armi od esplosivi che potessero arrecare danni alla capitale dell’impero e ai suoi abitanti.
Vi furono due tentativi, il 2 e l’8 agosto, che non poterono essere realizzati a causa delle avverse condizioni atmosferiche. L’occasione propizia si ebbe il 9 agosto; la partenza fu fissata alle ore 5.50 del mattino, sul campo di San Pelagio erano pronti alla partenza dieci S.V.A. 5 monoposto al comando dei quali vi erano: il Sottotenente Girolamo (Gino) Allegri soprannominato da d’Annunzio Fra’ Ginepro, il Tenente Ludovico Censi, il Tenente Vincenzo Contratti, il Tenente Francesco Ferrarin, il Tenente Aldo Finzi, il Tenente Giordano Bruno Granzarolo, il Tenente Antonio Locatelli, il Capitano Alberto Masprone, il Tenente Piero Massoni e il Tenente Giuseppe Sarti. Gabriele d’Annunzio, comandante della missione si imbarcò su di un aereo S. V. A. 5 trasformato in biposto al comando del quale vi era il Capitano Natale Palli.
Poco dopo la partenza gli aerei del capitano Masprone, del tenente Ferrarin e del tenente Contratti furono costretti al rientro per problemi al motore. Giunti nei pressi di Wiener Neustadt anche l’aereo del tenente Sarti fu costretto ad atterrare; il tenente, come da ordini ricevuti alla partenza, immediatamente diede fuoco al suo aereo. Alle ore 9.20 i sette S. V. A. 5 superstiti comparirono nel cielo di Vienna. La capitale dell’impero fu ricoperta da volantini che riportavano tre messaggi. Compiuta la missione la squadriglia riprese la strada del ritorno e alle ore 12.35 atterrarono fra l’entusiasmo generale sul campo di San Pelagio.
A testimonianza del fatto che questa impresa per d’Annunzio, non doveva essere l’ultima, subito dopo l’atterraggio sul supporto in legno della carta di bordo ebbe a scrivere “Usque ad metam et ultra”, era infatti fra i suoi sogni quello di compiere un’analoga impresa dimostrativa su Berlino. La fine della guerra non permise al Comandante di realizzare questo suo ultimo progetto.
Per questa impresa d’Annunzio fu proposto per la medaglia d’oro al Valor Militare che gli fu però commutata in Croce da Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia.
Il Comandante non accettando questa commutazione decise di porre sulle divise da Generale di Brigata Aerea due nastrini indicanti le medaglie d’oro al Valor Militare.
La decorazione concessa di Motu Proprio Sovrano fu consegnata a Gabriele d’Annunzio personalmente da Re Vittorio Emanuele III il 20 settembre 1918 a Padova, con la seguente motivazione:
Animatore di ogni energia, in tutti trasfondendo la sua fede e il suo grande amore, con magnifico e superbo volo condusse su Vienna uno stormo di prodi, affermando in modo finora insuperato la potenza delle ali d’Italia. Cielo di Vienna 9 agosto 1918.
In alcune fotografie e cartoline che ritraggono Gabriele d’Annunzio con la divisa da Ardito, durante i mesi di Fiume, sui due nastrini dell’Ordine Militare di Savoia compare una sagoma in metallo dorato di aeroplano. Con questo distintivo, del tutto fuori ordinanza, il Comandante volle sicuramente evidenziare il fatto che tali decorazioni erano state ottenute per azioni aeree.
Gli ultimi mesi della prima guerra mondiale portarono gli Alti Comandi Militari Italiani a nominare Gabriele d’Annunzio Comandante della Prima Squadriglia Navale S.A. e della Squadra aerea San Marco, alla cui organizzazione il Comandante aveva dedicato tutti i suoi sforzi. Per questo suo impegno d’Annunzio ottenne la sua terza Promozione per Merito di Guerra che gli guadagnò i gradi di Tenente Colonnello: “Per aver organizzato con nuovo disegno la Prima squadriglia navale S. A. e la Squadra aerea di S. Marco e per aver condotta questa nelle due ultime offensive, sempre di persona e primo sempre, talvolta con doppio servizio nello stesso giorno e nella stessa notte”.
Finita la guerra a d’Annunzio fu infine concessa la medaglia d’oro al Valor Militare, che come abbiamo visto in precedenza gli era stata negata. La decorazione, concessagli con Motu proprio Sovrano il 5 febbraio 1919. La motivazione fu la seguente:
Volontario e mutilato di guerra, durante tre anni di aspra lotta, con fede animatrice, con instancabile opera, partecipando ad audacissime imprese in terra, sul mare, nel cielo, l’alto intelletto e la tenace volontà dei propositi, in armonia di pensiero e d’azione, interamente dedicò ai sacri ideali della Patria, nella pura dignità del dovere e del sacrificio. Zona di guerra maggio 1915-novembre 1918.
La decorazione fu consegnata a Gabriele d’Annunzio dal Duca Emanuele Filiberto il 10 aprile 1919 sul sagrato di San Giusto a Trieste.
La cerimonia fu solennizzata dal Duca con il seguente discorso:
Compagni di gloria!
S. Giusto! Nome di fulgido martirio in cui le più sublimi idealità italiche si sposarono nell’amore di Trieste fedele!
Su questo fatidico colle di S. Giusto, meta dei nostri palpiti, meta dei nostri desideri, meta delle nostre speranze nei lunghi anni di compresse aspirazioni e nelle ansiose vigilie della guerra redentrice, oggi altare della Patria, altare di libertà, altare di vittoria; in faccia alla adriaca marina, che vide il gonfalone della veneta repubblica fieramente levarsi, simbolo di civiltà e di forza, io rinnovello le glorie nostre premiando Colui che il senno e il braccio consacrò alla grandezza della Patria: GABRIELE D’ANNUNZIO.
La medaglia d’oro che il mio re – primo soldato d’Italia – volle concedere al Poeta Soldato, sintesi sublime del valore di nostra gente, ascende a simbolica significazione: nel nome del comandante Gabriele d’Annunzio si legano le glorie degli eroici veterani del Carso e degli audaci superatori del Timavo alle sovrumane imprese degli arditi del cielo e del mare che su l’Istria e sulla Dalmazia nostra mostrarono al protervo nemico che nulla arresta gli intrepidi figli d’Italia.
O maggio raggiante dell’anno di passione, che segnasti sulle pendici dell’Hermada lo slancio irresistibile delle nostre truppe, anelanti a te, o cara e bianca Trieste; che vedesti il sacrificio di tanti prodi, caduti per l’amore di una più grane Italia; che contemplasti sull’incantato cielo le audacissime imprese dei nostri aeronauti, novelli sterminatori alati, tu fosti per noi il mese della lusinga ammaliatrice!
In quattro giorni d’epica lotta il nostro Eroe compì prodigiosi atti di valore, meravigliando gli stessi valorosi che lo videro rientrare al campo col velivolo colpito in cento e cento parti, miracolo di forte audacia e di divina protezione. Il suo genio ebbe ragione della materia; il suo valore superò ogni pericolo; la sua fede vinse la superba prova.
Sufficit animus! Il nome della squadriglia da Lei comandata o maggiore GABRIELE D’ANNUNZIO, espresse chiaramente l’ardimento, la volontà, la potenza spiegate nell’altezza del purissimo cielo, trionfatrici di ogni difesa avversaria.
Sufficit animus! Sì, l’animo fu pari al compito disperato, l’animo dominò l’evento fugace, l’animo bastò a non fallire il segno!
Cittadini di S. Giusto!
In un mattino di cruenta battaglia io corsi in Aquileja romana per inchinarmi ai nostri caduti e trarre da essi ispirazione, ardore, conforto. Era il triste giorno dei morti di un fosco novembre e sul Carso, conquistato il Veliki e il Pecinka in un ognissanti di sangue, i miei impetuosi soldati fieramente pugnavano sul petroso Fajti. Nell’austerità di quel giorno, nella commozione della grande ora nella solennità della basilica, io dissi che niuna grandezza per una nazione è maggiore di quella che sorge dal sangue dei suoi figli caduti in battaglia: lo confermo oggi su questo Colle sacro, oggi che i fati si sono compiuti. Ma poiché la grandezza d’Italia è dovuta a questi oscuri e sublimi eroi, noi non dobbiamo giammai scordarli.
È per me oggi ragione di profonda letizia ricordare ed esaltare la memoria di un Eroe triestino, il sottotenente Ugo Polonio, che cadde sul Carso in sanguinosa lotta con l’animo gonfio di passione, di gloria e di speranza!
La medaglia d’oro decretata a questo valoroso è pure premio a tutti voi, o cittadini di Trieste, che deste all’Italia i figli vostri più cari. Essi dopo la diuturna lotta contro l’oppressore nel campo delle idee, vollero scendere sul campo di battaglia – doppiamente sfidando la morte – sigillando così, col braccio e col sangue, la bellezza del loro apostolato.
Sia gloria a questi prodi e tu, o forte Trieste, madre amorosa, sii benedetta in eterno!
Figli di Trieste e soldati d’Italia!
La grande ora sta per essere compiuta e l’eroismo della valorosa schiera che seppe sacrificare alla Patria ogni suo bene avrà fra breve il più alto premio, degno invero di chi – come voi – mai disperò anche nei momenti di angoscia mortale.
Questa vostra Italia vilipesa, calpestata, spezzata nei secoli perché mai potesse risorgere, attraverso le più scoranti attese, le più atroci persecuzioni, le più difficili prove assurge oggi a grandezze e glorie sempiterne.
Come S. Giusto, dopo le ingiurie e il flagello, fu coi piombi gettato negli abissi del mare, la nostra Patria fu nei secoli vituperata, percossa, schiacciata. Ma come S. Giusto trasse dallo sfolgorante martirio luce di gloria immortale, così l’Italia, dopo la lunga passione, risorse sulle rovine e colla forte virtù dei suoi mirabili figli conquistò la vittoria romana che eternerà nel mondo il valore del popol suo, degno ognora dei più alti destini.
Con la fiamma di questi eroi e di questi martiri, o nuovo popolo d’Italia, avanti, avanti!
La medaglia d’oro fu donata dal Comandante alla Patria in occasione delle sanzioni contro l’Italia emanate dalla Società delle Nazioni.
Da alcuni documenti conservati presso la Fondazione il Vittoriale degli Italiani risulta che il 9 dicembre 1935 l’architetto Gian Carlo Maroni e il Prefetto Giovanni Rizzo abbiano consegnato al Duce oggetti in oro e in argento. Di seguito riporto l’elenco degli oggetti elencati:
Oro: Targa dell’Università di Genova, Grande Medaglia del Progresso Italo-Americano, Grande Medaglia anno 1914, Grande Medaglia Italiani del Cile, Medaglia dell’Università di Roma, Medaglia d’oro al Valor Militare, Medaglia volo su Vienna, Medaglia Artiglieria di Fiume, Medaglia Bersaglieri di Fiume, Medaglia V° Corpo d’Armata, Medaglia 12° Reparto Fiamme Nere, Medaglia Arditi di Fiume, Medaglia Fiamma Gialle, Medaglia Brigata Venezia, Medaglia Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, Medaglia degli Arditi 1917-1918, Moneta di 20 lire ‘Alleanza Popoli Liberi’ 1848, Catenina d’oro da braccio, Piccolo teschio, Targa di Fiume, Grande Medaglia della Venezia Giulia; Argento: Medaglia al Valor Militare, Medaglia al Valor Militare, Medaglia al Valor Militare, Riproduzione di Medaglia al Valor Militare, Medaglia R. Torpediniera 1805, Cofano, Elsa in oro e argento; Metallo: Medaglia in simil oro, Medaglia in simil oro, Croce, Lama di spada.
A conclusione di questo elenco è scritto nella nota che gli oggetti in oro e in argento sono stati versati alla Banca d’Italia, mentre i metalli alla Federazione Provinciale Fascista. L’elsa e la lama di spada costituivano un’arma d’onore donata al Comandante dagli Artigiani Italiani d’America. In conclusione d’Annunzio donò alla Patria 1565,9 chilogrammi d’oro e 1344 chilogrammi d’argento. Bisogna anche ricordare che con lettera del 22 dicembre 1935 furono restituite a Gabriele d’Annunzio due medaglie e una croce perché risultate di simil oro.
Gabriele d’Annunzio ricevette anche tre croci al Merito di Guerra. La prima gli fu conferita il 25 luglio 1918.
Le tre croci sono evidenziate sul nastrino dalla presenza di tre stellette a cinque punte in bronzo.
Bibliografia
Archivio ritagli del Vittoriale degli Italiani, Lega Navale Italiana, n° 7, 15 aprile 1916, p. 205
Archivio ritagli del Vittoriale degli Italiani, La Nazione, Firenze, 11 aprile 1919
Alessandro Brambilla, Le medaglie negli ultimi 200 anni. Parte Seconda “1901-1996”, Milano, 1997.
Gianfranco Camaiora, Roberto Manno, I distintivi dei nastrini, in Uniformi e Armi, n° 20, 12/1990, pp. 40-47
Luciano Faverzani, Il medagliere di Gabriele d’Annunzio: onorificenze, medaglie e distintivi, in Vincenzo Pialorsi e Luciano Faverzani, Gabriele d’Annunzio nelle medaglie, Brescia, Grafo, 2004
Giuseppe Ravetto, Paolo Sézanne, Pier Luigi Imbrighi, Gli Ordini Cavallereschi Italiani, Ufficio Storico Esercito, Roma 1997
Costantino Scarpa, Paolo Sézanne, Le decorazioni al Valore dei regni di Sardegna e d’Italia (1793-1946), Uffici Storici Esercito, Marina, Aeronautica, Roma 1976