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Previati, Gaetano

di Elisabetta Staudacher, Enciclopedia dannunziana

L’opera teatrale Parisina, 1913

Benché negli archivi del Vittoriale sia presente una ‘carta d’entrata’, tessera nominativa per l’accesso alla mostra di 200 opere di Previati allestita al Palazzo della Permanente di Milano nel 1910 (Consolandi 2010 p. 96), che testimonia un interesse da parte di d’Annunzio per la pittura previatiana, i primi contatti certi con il pittore simbolista (Ferrara, 1852 – Lavagna, Genova, 1920) risalgono al 1913. In quell’anno, entrambi contribuiscono alla realizzazione del catalogo per l’asta delle opere di Giovanni Segantini, tenutasi a Saint Moritz in agosto e voluta dal mercante dei due artisti divisionisti Alberto Grubicy de Dragon (Milano, 1852 – Laglio, Como, 1922). La vendita all’incanto, organizzata da Lino Pesaro, titolare dell’omonima galleria d’arte milanese di via Manzoni, è pubblicizzata da Guido Cassi, futuro proprietario del Lavacro dell’umanità, quadro previatiano inizialmente destinato a d’Annunzio. Nel catalogo, oltre a un componimento sull’arte di Segantini scritto da Previati per l’occasione, vengono riproposte le dannunziane Laudi del Cielo e del Mare della Terra e degli Eroi, composte nel 1899, dopo la scomparsa improvvisa del pittore trentino. 
In quello stesso periodo, l’editore Lorenzo Sonzogno sta lavorando alla pubblicazione del libretto di Parisina, tragedia in quattro atti con testo di d’Annunzio musiche di Pietro Mascagni. 
Sonzogno individua in Gaetano Previati l’artista a cui commissionare cinque dipinti a olio per illustrare il libretto, uno per ogni atto più quello per la copertina.
Il 5 luglio 1913 Previati riceve l’incarico direttamente dall’editore che, due mesi dopo, nella lettera di accompagnamento alle bozze di Parisina, si premura di rammentare a d’Annunzio il coinvolgimento dell’artista quale illustratore del volumetto (Consolandi 2010, p. 106). Il poeta se ne ricorda sicuramente, visto che, come racconterà Alberto Previati nel 1959 a Emilio Mariano, aveva mandato il figlio Gabriellino a Milano per confrontarsi con Previati stesso sulla realizzazione delle cinque tele (Archivio eredi Alberto Previati). Il 23 settembre, l’artista consegna il lavoro e firma una ricevuta di pagamento di 6.000 lire cedendo così i dipinti alla casa musicale (Archivio Sonzogno, Milano). 
Pochi anni dopo il loro compimento, Sonzogno vende i primi quattro dipinti a Giuseppe Chierichetti che li aliena nel 1928 all’asta della sua collezione. In anni recenti, L’offerta della spada nel tempio di Loreto (secondo atto) e Ugo sorpreso nella camera di Parisina (terzo atto) sono confluiti nella raccolta Assicoop Modena & Ferrara. La tela raffigurante l’ultimo atto, La decapitazione di Ugo e Parisina, ceduta a Pietro Mascagni, è giunta al Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno grazie a una donazione degli eredi del compositore.
La scelta di Sonzogno di puntare su Previati non è casuale: nel 1901, l’artista si era già occupato della vicenda struggente di Parisina Malatesta, giustiziata a Ferrara nel 1425 assieme all’amante Ugo, suo figliastro, per ordine del marito, il marchese ferrarese Niccolò III d’Este. Il pittore aveva realizzato sei disegni a matita nera su cartoncini di dimensioni tra i 65 e i 77 cm per 100 – 112 cm, che venivano proiettati al termine della rappresentazione teatrale Parisina composta da Domenico Tumiati, scrittore e drammaturgo anch’egli ferrarese. Il melologo di Tumiati, recitato dal fratello Gualtiero e musicato da Vittore Veneziani, era andato in scena in diversi teatri d’Italia e, nel 1903, d’Annunzio stesso aveva assistito allo spettacolo tenutosi nel cortile del Castello Estense di Ferrara («Gazzetta Ferrarese» 1903). A differenza dei disegni per Tumiati, caratterizzati da forti contrasti di chiaroscuro e popolati da numerosi soldati ripresi al ritorno della caccia o durante il passaggio sul ponte levatoio, in tutti i dipinti per d’Annunzio i protagonisti sono gli attori principali. Le tele, di dimensioni leggermente maggiori rispetto alla grafica, sono incentrate su toni cupi, rischiarati da una luce soffusa che accentua gli stati d’animo degli interpreti. Nelle due serie c’è un’unica raffigurazione che ha delle similitudini non solamente riguardo il soggetto rappresentato, ma anche nell’ambientazione e nella gestualità del boia, ed è la decapitazione dei due amanti, nel dipinto celata in parte dalla fitta inferriata della prigione.  

La serata patriottica alla Scala di Milano, 1916

Tre anni dopo la collaborazione di Parisina, l’estro creativo di Previati dialoga nuovamente con le parole di d’Annunzio. L’occasione è la Grande Serata Patriottica al Teatro alla Scala indetta il 19 gennaio 1916 dalla Associazione Lombarda dei Giornalisti a favore degli orfani dei caduti in guerra. Viene messa in scena La battaglia di Legnano, l’opera in quattro atti composta da Giuseppe Verdi con libretto di Salvadore Cammarano. La prima assoluta era stata il 27 gennaio 1849 al Teatro Argentina di Roma, ma a Milano non era ancora stata presentata. Previati aderisce al comitato d’onore costituito dagli organizzatori dell’evento benefico, mentre d’Annunzio interviene alla serata leggendo due orazioni Per i combattenti e Per i cittadini
L’album ricordo della serata, messo in vendita per raccogliere i fondi a favore degli orfani, riproduce alcune strofe autografe dannunziane de Il rinato, pubblicato in terza pagina sul «Corriere della Sera» il primo gennaio 1916, ed è illustrato con il dipinto inedito di Previati Per il babbo al fronte, che verrà esposto per la prima volta alla rassegna di Previati e Fornara presso il Palazzo della Permanente di Milano nel marzo – aprile 1916, e con i tre disegni de La preghiera, La battaglia e La vittoria de La giornata di Legnano (o La battaglia di Legnano), coevi a quelli di Parisina di Tumiati, e ispirati alla sconfitta dell’imperatore Federico Barbarossa inflittagli dalla Lega Lombarda nel 1176. Il libretto è accompagnato anche dai cenni storici firmati da F. O. Redi.
È possibile che sia stata questa la circostanza in cui d’Annunzio abbia promesso a Previati di andare a trovarlo nel suo studio tanto che l’artista, nell’attesa, sceglie un dipinto da regalargli, come ricorderà nel 1919 Alberto Grubicy de Dragon in una lettera inviata al primogenito del pittore, Carlo. Ma le cose cambiano rapidamente: a fine febbraio, durante un ammaraggio di emergenza nelle acque di Grado, d’Annunzio si ferisce ad un occhio. L’incidente gli richiede un lungo periodo di riposo al buio. Nel frattempo Previati, già segnato dalla morte della moglie, perde anche il figlio Flaminio, mentre Carlo è tenuto prigioniero dagli austriaci nel campo di Mauthausen. Questa situazione provocherà all’artista uno scompenso psichico e l’incontro con d’Annunzio non si terrà. Sarà Alberto Grubicy a tenere i contatti con il poeta, omaggiandogli, nel 1919, un libro e un disegno di Previati. La lussuosa monografia, scritta dal critico d’arte Nino Barbantini e pubblicata da Bestetti e Tumminelli, si trova tuttora nella biblioteca privata di Gabriele d’Annunzio al Vittoriale (Mappamondo, XXVII, 1/B) e riporta nell’occhietto la dedica «Al più grande poeta e soldato / d’Italia l’omaggio d’un / italianissimo riconoscente / Alberto Grubicy».

La vicenda del disegno Io sono la via, la verità, la vita di Previati donato a d’Annunzio

Sul retro del carboncino di Gaetano Previati Io sono la via, la verità, la vita (1899 circa, 30 x 21 cm), conservato nella Sala del Mappamondo al Vittoriale degli Italiani, c’è il biglietto con cui Alberto Grubicy ha accompagnato il dono per d’Annunzio: 

«Al pensiero che questo disegno di Gaetano Previati vi sia grato, Gabriele d’Annunzio, sommo maestro, italiano e poeta, io ve lo offro oggi che il vostro verbo artiglia e prederà la Vittoria domani Milano li 29 Luglio 1919».

Questa breve missiva, scritta su carta intestata della Società per l’Arte di Gaetano Previati, di cui Grubicy era il gerente, sancisce l’inizio di un rapporto epistolare con il poeta incentrato su una serie di progetti finalizzati alla valorizzazione della creatività previatiana.
Alla fine della sua vita, nonostante le lunghe battaglie a favore di un’arte innovatrice che lo avevano visto precorrere le avanguardie futuriste, Previati è una figura ancora poco compresa dal grande pubblico. D’Annunzio è uno dei suoi ammiratori, così come gli artisti interventisti Umberto Boccioni e Carlo Carrà.
L’8 agosto del 1919, Federico Balestra, fido collaboratore di d’Annunzio, invia al suo «caro Maestro» una lettera su carta intestata della Società editoriale d’arte divisionista, altra associazione appena fondata da Grubicy. Il «mecenate di Segantini e di Previati» ha affidato a Balestra «un dono prezioso» da consegnare di persona a d’Annunzio: «un disegno del Cristo, miracoloso di potenza e di fascino, tra l’opere più notevoli di Gaetano Previati». (Consolandi 2010, p. 107). Dopo aver ricevuto il carboncino, benché impegnato nella questione di Fiume che lo vedrà partire di lì a poco da Venezia una volta assunto il comando della spedizione per liberare la città, il 27 agosto d’Annunzio scrive a Grubicy per ringraziarlo del regalo gradito:

«So il vostro alto e consonante amore pel grande artista della Via Crucis. È fra i più grandi e severi esempii di comprensione e di fedeltà. Non potrò dimostrarvi la mia riconoscenza se non mandandovi alcune pagine che di quell’amore sieno degne». (Archivio Mart, Rovereto, Fondo Vittore Grubicy, in Consolandi 2010, p. 107).

In verità, come racconta Alberto Grubicy in una lettera a Carlo Previati (Staudacher, 2023, p. 247), l’opera che l’artista avrebbe voluto donare a d’Annunzio era Il lavacro dell’umanità (1901 – 1904, Collezione Banco BPM), quadro di ascendenza dannunziana nel titolo, inizialmente chiamato Crocifissione, poi Il calvario, per essere definitivamente modificato proprio nel periodo di frequentazione del pittore con il poeta per il lavoro di Parisina.
Questa tela, di forte impatto emotivo, descrive con una pennellata filamentosa, sebbene non divisa, i patimenti di un’umanità smarrita, mentre assiste al calvario di Gesù sul Golgota, da dove scende una cascata di colore, simbolo dello spasimo di Cristo morente, che si riversa nella parte sottostante il dipinto. Previati sapeva che d’Annunzio avrebbe apprezzato il regalo. Invece, per volere di Alberto Grubicy, Il lavacro dell’umanità viene donato al critico d’arte Nino Barbantini, direttore della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, come ringraziamento per il lavoro svolto nel redigere la monografia su Previati, quella stessa omaggiata a d’Annunzio. 
Il carboncino scelto per il poeta è lo studio per un dipinto a tempera, di ubicazione ignota dopo il passaggio all’asta della raccolta Benzoni presso la Galleria Scopinich di Milano nel dicembre 1926. Proposto più volte a corredo di scritti sull’arte previatiana fin dal 1901, anno dell’articolo di Domenico Tumiati su «Emporium» (Tumiati 1901, p. 11) e della sua apparizione alla Biennale di Venezia, la prima esposizione del dipinto, di dimensioni nettamente più estese rispetto al carboncino (95 x 76 cm), risale al Concorso Internazionale di Pittura, Scultura e Disegno per la realizzazione di una testa raffigurante Gesù Cristo, tenutosi a Torino nel settembre del 1899, circostanza in cui l’opera si aggiudica un premio.
Eccetto che per la tecnica e le dimensioni, le differenze tra i due lavori sono quasi impercettibili. Gesù è ritratto in posizione frontale, i lunghi capelli lisci rischiarati dall’aureola. Lo sguardo è assorto, gli occhi guardano in alto, una mano è impegnata a stringere il manto della tunica, l’altra, la destra è tenuta in posizione più elevata, con il palmo aperto verso l’alto come se stesse accompagnando Gesù nel discorso che sta pronunciando. Come è specificato nel titolo, citazione di un versetto del vangelo di Giovanni, il figlio di Dio è ritratto mentre sta rivelando le sue virtù, «nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Giovanni, 14,6). Si tratta di una visione rassicurante, carica di luce e di serenità, qualità subito colte da d’Annunzio che, nella lettera a Grubicy, parla di «veggente» che «consola chi diventerà cieco fra non molto», con un chiaro riferimento a se stesso.

Il coinvolgimento di d’Annunzio nel progetto editoriale su Gaetano Previati 

La promessa di d’Annunzio di redigere «alcune pagine» su Previati, viene subito accolta da Alberto Grubicy. Nonostante la recente uscita della monografia di Barbantini, il gallerista progetta infatti una nuova sontuosa pubblicazione che dia il giusto lustro alle ‘meditazioni’ di d’Annunzio, così chiamate da Grubicy nella corrispondenza con il poeta. 
La Società Editoriale d’Arte Divisionista, appena fondata da Grubicy, sulla cui carta intestata Federico Balestra aveva scritto al suo ‘caro Maestro’ per consegnargli il disegno di Cristo, avrebbe dovuto essere, inizialmente, la casa editrice incaricata di realizzare il nuovo volume sull’estro creativo di Previati.
Gli artisti Adolfo Wildt e Guido Marussig vengono incaricati di disegnare la copertina e curare la grafica del libro, mentre Federico Balestra, già distintosi con il testo critico per il catalogo della personale di Previati organizzata da Grubicy tra giugno e luglio 1919 al Palazzo della Permanente di Milano, si occupa della biografia, non rintracciata.
Le meditazioni dannunziane, però, attese a lungo e invano, non verranno scritte, portando così al fallimento del progetto editoriale per il quale erano stati assolti importanti impegni economici sia in merito alle competenze di d’Annunzio e di Balestra, che alle riproduzioni a colori delle opere d’arte. Erano addirittura stati pubblicati degli annunci pubblicitari e avviata una campagna di prenotazioni per l’acquisto del volume edito da Bestetti e Tumminelli. Stando a quanto scritto da Donato Zaccarini sulla «Gazzetta Ferrarese» nell’aprile 1920, la sottoscrizione aveva già ottenuto ottocento adesioni, principalmente nell’ambiente culturale ambrosiano. Pochi giorni dopo, Gualtiero Medri aggiornava i lettori di «Arte nostra» riguardo il testo di d’Annunzio, definito «una libera meditazione»: avrebbe avuto «per punto di partenza quello che si può definire il poema pittorico La Via Crucis» e avrebbe poi abbracciato «tutto il grandioso ciclo dell’arte di Gaetano Previati». Un contributo esaustivo, quindi, quello che ci si attendeva dal Comandante: senza dubbio «il grande pittore» avrebbe avuto «nel grande poeta l’interprete più sicuro, profondo e degno».
Di questo ambizioso progetto, oltre alla corrispondenza di Grubicy con d’Annunzio, custodita negli archivi del Vittoriale e trascritta da Roberto Consolandi nei quaderni dannunziani, rimane il disegno di Adolfo Wildt, pubblicato sul numero di marzo – aprile 1920 della rivista «Lidel» e conservato in una collezione privata milanese.
Con la scomparsa di Alberto Grubicy, avvenuta nel luglio del 1922, il progetto editoriale passa nelle mani di Federico Balestra. Il critico d’arte fonda nel 1924 la casa editrice L’Olivetana che ha la sede in via Cairoli 2 a Milano, dove prima c’era la galleria d’arte di Grubicy. Questa nuova realtà imprenditoriale ha come amministratore unico il ragioniere Argentino Ricca, che acquista dai figli di Previati un centinaio di lettere autografe del padre a suo fratello Giuseppe per farne «un’edizione in volumi» (Scrittura privata tra Ricca e Carlo e Alberto Previati, Archivio eredi Carlo Previati). Di questo accordo ne fa cenno Alberto Previati a Carlo Fornara in una lettera del 4 maggio 1924 (Archivio Fornara), proprio nei giorni in cui Balestra lavora a una campagna di sensibilizzazione tra persone di cultura, artisti, critici d’arte, e varie istituzioni sia di Milano che di Ferrara per agevolare l’uscita del volume su Gaetano Previati edito dall’Olivetana.
Nella presentazione inviata il 9 maggio 1924 al critico d’arte Ugo Ojetti (Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Fondo Ojetti), su carta intestata dell’Olivetana, Balestra e Ricca, firmatari della lettera, precisano: «Dall’architettura tipografica alla legatura, tutto sarà gloria del lavoro italiano; ogni onore dell’Olivetana che domanda solo il conforto, l’auspicio morale del Suo nome illustre». Segue l’elenco di personalità che hanno dato il consenso ad aderire al Comitato d’Onore. D’Annunzio è il nome di spicco di questo progetto, nonostante le tensioni con Balestra, di pubblico dominio: lo stesso Alberto Previati, convinto che «una voce potente come è quella di Gabriele d’Annunzio» avrebbe contribuito «a scuotere l’apatia del pubblico tanto facile a dimenticare» l’arte del padre, venuto a mancare il 21 giugno 1920 (lettera a Carlo Fornara, 17 ottobre 1922, Archivio Fornara), nel 1923 scriveva al pittore divisionista Carlo Fornara, esecutore testamentario di Grubicy: «mi stupisce che Balestra abbia ancora influenza sopra D’Annunzio perché scriva la Meditazione, dopo quanto è passato tra il Poeta e lui e dubito fortemente che si assoggetti ad accoppiare un suo scritto con quello di Balestra» (lettera del 25 maggio 1923, Archivio Fornara).
Il rapporto tra i due, intensificatosi con la nomina di Balestra legionario di d’Annunzio a Fiume (Romano, 2018, p. 151 nota 211), vede delle forti oscillazioni. Dopo questa esperienza, dal 25 ottobre 1919 al 31 luglio 1920 d’Annunzio lo manda a Milano per raccogliere i fondi a favore di Fiume, città in cui il critico d’arte ritorna il 28 agosto 1920, pochi giorni prima della proclamazione della reggenza del Carnaro, per scambiare l’anello nuziale con Erminia Paradisi Perelli, imparentata con il senatore Luigi Mangiagalli, figura cardine delle strategie politiche messe in atto con l’imprenditore Riccardo Gualino prima, e con Mussolini e Arnoldo Mondadori poi, per cercare di salvare l’Olivetana dal fallimento (Canovi 2018). Infatti, dopo aver stilato con Ricca, nell’estate del 1924, un accordo per la pubblicazione del suo prossimo romanzo, la Buonarrota, e aver ricevuto, tra luglio e ottobre di quell’anno, 400.000 lire dall’Olivetana, d’Annunzio non consegna il romanzo (Archivi del Vittoriale, Olivetana). A un telegramma di Ricca, risponde serafico: «Buonarrota non è pronta. Non posso consegnare il manoscritto. E con la miglior grazia del mondo, ammetto che l’Olivetana non possa tener sospesa nel vuoto la somma già versata» (Nozza 1958, p. 47). 
>Le difficoltà che compromettono il bilancio dell’Olivetana impediscono la pubblicazione del volume su Previati, che non vedrà mai la luce. Intanto, un mese prima del quinto anniversario della scomparsa dell’artista, il figlio Alberto, sempre in attesa di uno scritto di d’Annunzio, tentava inutilmente di scuotere il suo animo scrivendogli:

«Accogliete ed esaudite, o Poeta, la preghiera del minor figlio di Gaetano Previati: fate che per quella data – 21 giugno – ch’è incisa nel mio cuore dal dolore, la parola della rievocazione sia detta da Voi». (Consolandi 2010, p. 117).

Il ciclo musicale di Previati. Dalla villa di Alberto Grubicy alla dimora di d’Annunzio

Nel settembre del 1920, proclamata la Reggenza del Carnaro, Alberto Grubicy decide di sostenere economicamente la causa di Fiume con il ricavato della vendita di sei tele dipinte da Previati che il Comandante avrebbe dovuto alienare sfruttando i suoi appoggi negli Stati Uniti. Si tratta del ciclo musicale realizzato nel 1908 per il salone della villa Grubicy in via Ravizza, a Milano. Portavoce della proposta è il Maestro Arturo Toscanini che, prima di esibirsi a Trieste con l’orchestra della Scala e di imbarcarsi per New York, va a Fiume per dirigere un concerto in onore di d’Annunzio e dei suoi legionari («Corriere della Sera» 1920, p. 2). 
Memore del successo ottenuto dalla critica statunitense quando, in occasione di una mostra personale di Previati a New York nel 1913 le opere esposte erano state quotate cinque milioni di dollari, Grubicy suggerisce a d’Annunzio di approfittare del viaggio negli Stati Uniti di Toscanini, ‘fervente apostolo’ dell’iniziativa e sincero ammiratore dell’arte di Previati, così come del supporto che avrebbe potuto avere da Whitney Warren, rappresentante di Fiume negli Stati Uniti.

«L’architetto Warren ambasciatore della Reggenza del Carnaro sarà certo in condizioni di aiutare il realizzo di tali opere, sia con sottoscrizioni per offrirle al museo, che facendole acquistare da qualche milionario di cui il paese è produttore, o dai clubs ricchissimi che là esistono». (Lettera di Alberto Grubicy a d’Annunzio, 20 settembre 1920, Consolandi 2010, p. 110)

Il Vate accetta di buon grado il dono artistico avuto tramite Toscanini e scrive a Grubicy: 

«non poteva Ella mandarmi un più alto messaggero per così alta offerta. […] Scrivo in fretta, mentre il grande Maestro sta per partire. Voglio soltanto dirle la mia gratitudine per tanto dono alla Causa bella. La Sua liberalità supera ogni alta liberalità. È più che regale.
I Legionari Le offrono il loro cuore fedele e la medaglia di Ronchi: pignus amoris.
Il suo servo Gabriele d’Annunzio
Fiume, 22 novembre 1920» (Consolandi 2010, pp. 107 – 108)

Il ciclo pittorico è costituito da sei tele di diverse dimensioni e soggetti ispirati a delle allegorie musicali. Figure femminili, avvolte dai fiori e dal vento, suonano e danzano in ambienti onirici caratterizzati da lunghe pennellate filamentose di tonalità calde. I due pannelli dei Putti con ghirlande che, con la Danza primaverile, formano il trittico della Pastorale, raffigurano dei bambini che sembrano fluttuare nell’aria. La tela più estesa, Sinfonia, prevista per la parete di fondo della sala Grubicy dove erano collocati due pianoforti a coda, si sviluppa in orizzontale e vede, alle estremità una giovane, a destra, che suona a un pubblico di ascoltatrici uno strumento a corde simile alla lira (a sinistra) e nel centro un tramonto di luce calda. 
I titoli, più volte modificati in occasione di varie occasioni espositive italiane ed estere, sono indicati per la prima volta dallo stesso Previati in una lettera a Grubicy e riferita al debutto del ciclo, nel settembre 1909, al Salon d’Automne di Parigi: «Pastorale i tre della danza primaverile, Fantasia quello del vento, Notturno l’effetto di chiaro di luna, Sinfonia il grande effetto di tramonto» (1° settembre 1909, Archivio Fornara). La decisione di presentare il ciclo all’evento espositivo parigino aveva comportato delle modifiche con la cura di dettagli necessari per una collocazione in piena luce. 
Il Notturno, uno dei quadri più celebri, nato per essere collocato sulla parete di destra della sala Grubicy, difronte alle finestre, viene esposto alla Biennale di Venezia nel 1912 e alla mostra storica del teatro italiano di Parma nel 1913 (Pagliarani 2021, p. 206) prima di essere ceduto a un privato e di giungere, nel 1996, nelle collezioni dei Musei Vaticani. Ciò fa presupporre che la versione presente a Gardone Riviera, di soggetto e dimensioni molto simili alla precedente, sia stata realizzata dopo il 1913 per mantenere integro il ciclo che, una volta donato a d’Annunzio, rimane a sua disposizione in via Ravizza, anche dopo la conclusione dell’impresa fiumana, come auspicabile ispirazione per una composizione sull’arte di Previati: «Quando avrete i dipinti presso di voi le meditazioni verranno da sé» (lettera di Grubicy a d’Annunzio, 18 maggio 1921, Mariano, Bernardi 1958, p. 241). 
Alla morte di Grubicy, le tele vengono portate, secondo le indicazioni di d’Annunzio, intenzionato a venderle, a Bottega di Poesia, lo spazio culturale di via Monte Napoleone fondato dal conte Emanuele Castelbarco e dal figlio di Toscanini. Successivamente, arredando la dimora di Gardone Riviera, il poeta decide di entrarne in possesso, ma le questioni con l’Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi di Guerra, beneficiaria dell’eredità di Grubicy, vanno per le lunghe e solo alla fine del 1925, dopo vari solleciti, i dipinti arrivano alla Pinacoteca di Brera dove il direttore, Ettore Modigliani, amico di d’Annunzio, li fa collocare nei depositi. A una prima verifica, il Notturno è l’unico che mostra delle criticità, come si evince da una missiva di Modigliani a d’Annunzio: 

«le pitture […] sono in buona condizione, eccetto una (Il Silenzio), la quale, condotta con pennello magrissimo e in gran parte a tempera leggera come un acquerello, aveva il colore in molte zone non più aderente alla tela e quasi polverizzato così che la più piccola pressione sul rovescio cagionava il franamento di innumerevoli particelle di mestica» (lettera del 15 dicembre 1925, Mariano, Bernardi 1958, pp. 245-246).

La tela subisce un primo restauro conservativo con foderatura a inizio 1926 da Mauro Pelliccioli, restauratore di fiducia di Modigliani. 
La descrizione che il direttore di Brera fa delle tele decorative, prive di «quel certo ‘quid’ profondamente emotivo che in tante altre opere del maestro non consente neanche di avvertire la deficienza della costruzione lineare e plastica», raffredda l’animo di d’Annunzio che sembra arrivare a disinteressarsene. Il ciclo, noto al Vate grazie alcune fotografie avute nell’agosto del 1935 da Alberto Previati, tramite lo scultore Arrigo Minerbi, arriva al Vittoriale dopo la sua morte. È proprio Minerbi ad accorgersi del deterioramento delle tele, rimaste dal 1939 al 1957 nel magazzino della Prioria, e a suggerirne il restauro che viene affidato al pittore Franco Milani.
Le tele vengono presentate al Circolo della Stampa di Milano nell’estate del 1958, prima di tornare nuovamente al Vittoriale, dove trovano collocazione nella sala LVIII dello Schifamondo.

Bibliografia essenziale

Voci archivistiche
Archivio del Vittoriale, Gardone Riviera, Archivio Generale, corrispondenza Alberto Grubicy (trascritta in Roberto Consolandi, Come un Panorama. La Sala della Musica di Previati da casa Grubicy al Vittoriale degli Italiani, «Quaderni del Vittoriale», Nuova serie n.6, Silvana Editoriale, 2010, pp. 95 – 125.)
Archivio del Vittoriale, Gardone Riviera, Archivio Generale, cartella L’Olivetana – Casa Editrice (XCIV, 3)
Archivio Fornara, Prestinone (VCO)
Archivio del Mart, Rovereto, Fondo Vittore Grubicy
Archivio eredi Carlo Previati
Archivio eredi Alberto Previati

Bibliografia primaria
Gabriele d’Annunzio, Parisina. Tragedia lirica musicata da Pietro Mascagni, Milano, Casa musicale Lorenzo Sonzogno, 1913.
Exposition et vente de tableaux de Giovanni Segantini à Saint – Moritz, 18 – 23 aout 1913, catalogo d’asta, Milano, Bertieri e Vanzetti, 1913.
Fausto Valsecchi, Immagini di Gaetano Previati per l’opera di Mascagni e d’Annunzio, «Il Secolo XX», Milano, Treves editori, 1913, pp. 992 – 997.
Giannetto Bisi, Cronachetta artistica. «Parisina» di Gaetano Previati, «Emporium», XXXVIII, n. 227, 1913, pp. 397 – 400.
Monica Vinardi, Ferrara e Parisina. Il sogno (o l’incubo) di Gaetano Previati tra Domenico Tumiati e Gabriele d’Annunzio, in Tra simbolismo e futurismo. Gaetano Previati, catalogo della mostra, a cura di Chiara Vorrasi, Ferrara, 2020, pp. 56 – 63.
«Voi che cantaste d’amore e di lacrime…». La storia di Ugo e Parisina nell’opera di Gaetano Previati e il rapporto tra le arti, a cura di Andrea Sardo e Luciano Rivi, Assicoop Modena & Ferrara, Modena, 2022.
Esecuzione del melologo “Parisina” nel cortile del Castello, «Gazzetta Ferrarese», 23 maggio 1903.
Teatro alla Scala. Grande Serata Patriottica coll’intervento di Gabriele d’Annunzio, Associazione Lombarda dei Giornalisti, 1916.
La grande manifestazione patriottica alla Scala, «Corriere della Sera», 20 gennaio 1916, p. 3.
Elisabetta Staudacher, Le suggestioni di Previati per il salone musicale di casa Grubicy, in Tra simbolismo e futurismo. Gaetano Previati, catalogo della mostra, a cura di Chiara Vorrasi, Ferrara, 2020, pp. 65 – 71.
Emilio Mariano, Mario Bernardi, Nuova documentazione intorno a sei tele di Gaetano Previati, «Quaderni dannunziani», XII-XIII, 1958, pp. 239 – 248.
Rosalia Pagliarani, «Con gli occhi dell’anima ascoltando». I notturni di Previati tra sonno, veglia, fantasie d’amore in Gaetano Previati (1852 – 1920). Dalla mistica della Via Crucis alla sinfonia dei Notturni, a cura di Micol Forti, Città del Vaticano, Edizioni Musei Vaticani, 2021, pp. 179 – 217.

Bibliografia secondaria
Federico Balestra, Gaetano Previati, in Pro tubercolosario di Cuasso al Monte. Mostra di Gaetano Previati, catalogo della mostra, Milano, Palazzo della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, 5 giugno – 5 luglio 1919, Milano, Bestetti e Tumminelli, 1919, pp. 3 – 23.
Nino Barbantini, Gaetano Previati, Roma – Milano, Bestetti e Tumminelli, 1919.
Elisabetta Staudacher, «L’arte è fatta per chi la capisce». Lettere di Gaetano Previati nell’archivio della Permanente di Milano, Bergamo, Leonardo J. Edizioni, 2023, pp. 246 – 247.
Marco Nozza, Il romanzo che non scrisse sarebbe stato per sua madre, «Tempo», XX, n. 35, 26 agosto 1958, pp. 46 – 47.
Raffaella Canovi, D’Annunzio e il fascismo. Eutanasia di un’icona, Roma, Bibliotheca Edizioni, 2018.
Valentina Romano, Gabriele d’Annunzio e Adolfo de Carolis, “L’infinito della melodia” carteggio 1901-1927, Silvana Editoriale, 2018, p. 151.
Domenico Tumiati, Artisti contemporanei: Gaetano Previati, «Emporium» XIII, n. 73, gennaio 1901.
Toscanini a Trieste, «Corriere della Sera», 23 novembre 1920, p. 2.

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