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Per la più grande Italia

di Alessandra Trevisan, Enciclopedia Dannunziana

 

Genesi, elaborazione, vicenda editoriale

Il volume Per la più grande Italia viene concepito come una raccolta di testi che segue l’esilio francese e marca la campagna interventista che d’Annunzio sta compiendo nel 1915. Le edizioni successive alla prima presentano delle integrazioni rilevanti che riguardano l’oratoria politica dannunziana.

La preparazione del manoscritto coincide con l’attesa della partenza per il fronte, trascorsa dall’autore all’Hotel Regina di Roma. Attorno al 10 giugno Luigi Albertini, direttore del «Corriere della Sera», trasmette le carte a Emilio Treves. Già confidente di d’Annunzio negli anni francesi, Albertini è ora tutore del suo patrimonio e si rivela essere anche il felice patrocinatore del libro.

Nel tempo che precede il suo concepimento, d’Annunzio continua a esporsi pubblicamente con i propri discorsi bellici; i quotidiani seguono i suoi spostamenti e pubblicano i suoi scritti. La critica ha rimarcato che

la prima pubblicazione giornalistica si segnala in quanto l’oratoria interventista dannunziana vi appare restituita al suo vibrante contesto originario, di entusiasmo e talvolta di violenza, nel flusso di azioni e reazioni che scorre dall’oratore al suo uditorio (Zanetti, Possieri).

 

La propaganda dannunziana, nella sezione La legge di Roma, trova ampio spazio su «L’Idea Nazionale», afferente al Partito nazionalista di Enrico Corradini, ma anche sul «Messaggero», giornale più popolare e di orientamento democratico radicale. L’orazione della Sagra dei Mille esce in esclusiva sul «Corriere» e sul francese «Temps».

La temperatura politica del tempo pare sviluppare una relazione tra due compiti simmetrici che d’Annunzio assume: quello di letterato e quello di moderno aedo. La prima edizione Treves 1915 presenta, infatti, in epigrafe un frontespizio con i due versi finali dell’ode Nel primo centenario della nascita di Vincenzo Bellini, tratti da Elettra. Dal secondo volume delle Laudi sono tratte invece le citazioni in exergon alle sezioni La Sagra dei Mille (da Alla memoria di Narciso e di Pilade Bronzetti, vv. 147-54), La legge di Roma (da A Roma, vv. 195-200) e Tacitum robur (dai Canti della ricordanza e dell’aspettazione, vv. 25-8), ancora secondo l’interpretazione degli studiosi sopraccitati si tratta di una «chiara rivendicazione di un ruolo predestinato di profeta e sacerdote della fede irredentista, del culto di Roma, dell’anelito a una nuova stagione di virtù eroica» (Zanetti, Possieri).

Per la più grande Italia viene ripubblicato da Treves nel 1918 e nel 1920. Nella seconda edizione sono contenuti il resoconto e i documenti dell’impresa compiuta tra l’11 e il 12 febbraio 1918 da Costanzo Ciano e Luigi Rizzo sul MAS: la Beffa di Buccari. Inoltre, si ha – quasi come se l’opuscolo fosse un avantesto –, la dedica a Fiume, già comparsa in un facsimile di autografo sul «Corriere della Sera» il 19 e 20 febbraio (all’epoca dei fatti, all’interno del Diario, già apparso in due puntate sul quotidiano).

Nel 1932, Per la più grande Italia approda alla ristampa nell’ambito dell’Edizione nazionale dell’Opera omnia di d’Annunzio a cura di Angelo Sodini. L’autore decide di intervenire nuovamente sull’impianto, ampliando la raccolta. Vi inserisce un campione della sua prosa di guerra e anche una sezione dedicata ai progetti legislativi che lui stesso aveva concepito nei giorni fiumani, ad esempio il Disegno di un nuovo ordinamento dello Stato libero di Fiume elaborato in stretta collaborazione con Alceste de Ambris. Questo testo viene condiviso in anteprima sul palco del Teatro La Fenice la sera del 30 agosto 1920. Il titolo della sezione La fiamma intelligente riprende quello di una prefazione apparsa nell’opuscolo del Disegno di un nuovo ordinamento dell’Esercito liberatore, scritto con il capitano trentino Giuseppe Piffer, e stampato dalla tipografia Miriam proprio a Fiume. Tra i documenti del suo sogno di una più grande Italia include anche quello del Nuovo patto marino poi Pactum sine nomine, scritto il 21 luglio 1923, preceduto da un Preambolo, già edito in facsimile d’autografo presso la stamperia milanese Alfieri & Lacroix. Inoltre, acclude il testo del Commiate, pubblicato in facsimile nel 1924 per conto della Federazione Marinara di Genova. D’Annunzio tratta della sua ultima azione politica, legata all’istituzione della Federazione Italiana dei Lavoratori del Mare (FILM) già proposta nella costituzione di Fiume e mai realizzata da Mussolini una volta salito al potere. Il fallimento del progetto – e il coevo delitto Matteotti – fece ritirare il Vate in un isolamento sempre più pronunciato, per lavorare alla stesura del Secondo amante di Lucrezia Buti.

Per la più grande Italia sarà ristampato nelle edizioni del 1933, per L’oleandro e, dopo la morte dello scrittore, nel 1939, 1940, 1942 e 1943. Finita la guerra, nel 1947, uscirà con la curatela di Egidio Bianchetti, che inserisce il testo, per la prima volta, tra le Prose di ricerca pubblicate da Mondadori. Le successive ristampe di Per la più grande Italiaappariranno per lo stesso editore, compresa quella nella collana «I Meridiani» del 2005, a cura di Annamaria Andreoli e Giorgio Zanetti.

Contenuto e struttura

La configurazione dell’opera rispetta la cronologia della scrittura. La sezione La sagra dei Mille comprende i sette testi delle orazioni e dei discorsi pronunciati a Genova nel maggio 1915 e un messaggio inviato ai genovesi nello stesso mese. Invitato a Quarto a inaugurare un monumento che celebra l’anniversario dell’impresa dei Mille dopo il lustro trascorso in Francia, d’Annunzio coglie l’occasione per pronunciare il primo invito pubblico in Italia a favore dell’intervento in guerra, già caldeggiato – tra gli altri – da una compagine di gruppi eterogenei di nazionalisti, socialisti riformisti, garibaldini, futuristi, lacerbisti. Parole dette al popolo di Genova nella sera del ritorno [IV maggio MCMXV] è di fatto una «preghiera notturna» fondata sul passato della città, definita «lido delle maravigliose dipartite», e sul suo «grandissimo popolo» che «otterrà la sentenza ch’ei vuole». Si auspica l’entrata in guerra dell’Italia contro gli Imperi dell’Europa centrale (Germania e Austria-Ungheria) e a fianco delle potenze dell’Intesa (Francia, Gran Bretagna e Russia), per attuare l’«integrazione» e la «resurrezione della patria».

D’Annunzio concepisce l’Orazione per la sagra dei Mille [V MAGGIO MDCCCLX – V MAGGIO MCMXV] secondo la tradizionale liturgia dell’Italia unitaria ma rovescia l’intenzione che sottostà al discorso commemorativo. Il testo si configura come un’appassionata orazione liturgica, che sollecita gli italiani a partecipare attivamente al conflitto contro gli Imperi dell’Europa centrale: «O beati quelli che più hanno, perché più potranno dare, più potranno ardere». D’Annunzio riprende una formula molto nota pronunciata da Gesù.

Il terzo testo, Parole dette nel convito offerto dal Comune di Genova ai superstiti dei Mille, la sera del V maggio MCMXV, è un breve elogio offerto al banchetto preparato per i sopravvissuti alla spedizione garibaldina. In Parole dette il VI maggio nei giardini del Palagio di Andrea Doria, ricevendo in dono il gesso del Leone Tergestino che è murato in una casa dei Giustiniani si auspica la restituzione del leone di pietra d’Istria – vinto dai genovesi nel 1380 e donato al Vate – alla città di Trieste, una volta liberata dall’occupazione austriaca. Il discorso successivo, Parole dette il VI di maggio nella sala delle compere, nel Palagio di San Giorgio, ricevendo in dono la targa di bronzo offerta dal comitato genovese della «Dante Alighieri», riprende invece la retorica dei patrioti dell’Italia post-unitaria e propone un parallelo di sintesi tra due figure che rappresentano la nazione: Garibaldi e Dante. Con il sesto, Parole dette nell’Ateneo genovese il VII di maggio, ricevendo in dono dagli studenti una targa d’oro, d’Annunzio invita gli studenti dell’Università ad arruolarsi: «Partite, apparecchiatevi […] Voi siete le faville impetuose del sacro incendio. Appiccate il fuoco!». Menziona inoltre i patrioti Goffredo Mameli e Jacopo Ruffini, il primo in particolare possibile simbolo del sacrificio necessario per liberare Trieste dagli austriaci. L’ultimo discorso, Parole dette agli esuli dalmati ricevendo in dono il Libro che afferma dimostra e propugna l’italianità della Dalmazia, stampato in Genova [VII maggio MCMXV] fa menzione delle battaglie medievali combattute nell’Adriatico e rinsalda il passato con il presente. Ricordando la sconfitta della flotta italiana, l’autore rivolge un’aspra critica al governo in carica. Questo ciclo si conclude con Messaggio ai genovesi mandato da Roma il XIII maggio MCMXV, un proclama che invita il popolo della città a sorvegliare e a combattere «contro il nemico interno».

La seconda sezione del libro, La legge di Roma, coincide con l’arrivo di d’Annunzio nella capitale. Gli otto testi che compongono questa parte paiono concepiti secondo le formule già sperimentate nel viaggio antecedente, dal momento che le visite ufficiali sono analoghe.

In Arringa al popolo di Roma accalcato nelle vie e acclamante, la sera del XII maggio MCMXV d’Annunzio scrive: «Si risvegli Roma domani nel sole della sua necessità, e getti il grido del suo diritto, il grido della sua giustizia, il grido della sua rivendicazione, che tutta la terra attende, collegata contro la barbarie.» mentre nel seguente, Arringa al popolo di Roma in tumulto, la sera del XIII maggio MCMXV, invita alla partecipazione già dall’attacco: «Compagni, non è più tempo di parlare ma di fare; non è più tempo di concioni ma di azioni, e di azioni romane.»

Nel terzo, L’accusa publica pronunziata nell’adunanza del popolo la sera del XIV maggio MCMXV, d’Annunzio svela pubblicamente il Patto di Londra e l’alleanza con gli Imperi Centrali, accusando Giolitti di tradimento e denunciando tutti i cospiratori. In seguito, con Messaggio agli studenti dell’Ateneo romano adunati per deliberare la violenza [XV maggio MCMXV] si rivolgerà agli universitari desiderosi dell’intervento in guerra, rievocando nuovamente l’impresa dei Mille.

Con Parole dette nella casa degli artisti, la sera del XVI maggio MCMXV il poeta prosegue le orazioni interventiste introducendo agli astanti il «carattere latino» della guerra che l’Italia deve intraprendere al fianco della Francia contro la barbarie degli Imperi centrali. Mentre negli altri discorsi non manca il riferimento esplicito a Giolitti, qui non vi è traccia. In Dalla ringhiera del Campidoglio il XVII maggio MCMXV, invece, lo si contesta e si esplicitano i parallelismi tra l’entrata in guerra e l’impresa dei Mille, alle parole di «Viva l’Esercito!», «Viva l’Esercito della più grande Italia!» e «Viva l’Esercito della liberazione!».

Nell’andare al Parlamento, per la grande assemblea del XX maggio MCMXV ricorda la convocazione da parte di Antonio Salandra, il Presidente del Consiglio, e la sua richiesta di pieni poteri votata a sfavore soltanto dai socialisti. Durante l’incontro si leggono i documenti con i quali si dimostrano le trattative dell’Italia con l’Austria-Ungheria (il Libro verde). D’Annunzio marca la necessità di compattezza con queste parole: È necessario che oggi, intorno a Montecitorio dove si può forse ancor cianciare e differire, voi siate un cerchio di volontà coercitiva, una tanaglia tremenda che non rilascia quel che ha serrato». Dunque, Nell’uscire dal Parlamento, dopo il voto, la sera del XX maggio MCMXV, si confermano le posizioni interventiste con l’invito: «Liberiamoci per sempre dagli infettatori. Liberatrice è la guerra, in ogni senso» appoggiato dal governo.

Per la più grande Italia si completa, almeno fino al 1920, con il testo della Dichiarazione di guerra fatta dall’ambasciatore, il duca d’Avarna, al governo austriaco, datata 23 maggio 1915. Tacitum Robur, datato XXV maggio MCMXV, è un testo informale che segue l’ottenuto intervento nel conflitto, proposto ai compagni amici al termine di una cena romana: la guerra viene vista come «la più feconda creatrice di bellezza e di virtù apparsa in terra».

I testi che seguono afferiscono, invece, all’edizione del 1932 e alle successive. La beffa di Buccari comprende Pagine del diario, Due carte marine, Catalogo dei Trenta di Buccari e La canzone del Quarnaro. Si tratta del racconto in presa diretta delle azioni militari avvenute nel febbraio del 1918, che vedono protagonista la marina militare contro il naviglio austro-ungarico nella zona di Buccari (oggi in Croazia). Tra gli altri, prende parte all’impresa-raid anche lo stesso d’Annunzio, cui viene conferita una medaglia di bronzo.

L’ultima sezione, intitolata La fiamma intelligente, riguarda alcuni significativi fatti successivi e raccoglie tre testi: Disegno di un nuovo ordinamento dello stato di Fiume, in cui l’autore illustra i 64 articoli che compongono la costituzione fiumana; analogamente, nel Disegno di un nuovo ordinamento dell’esercito liberatore, pubblicato il 27 ottobre 1920, si riportano 64 articoli con i quali, come ha affermato la critica, «D’Annunzio conferisce al suo esercito un’impronta nettamente personalistica e autocratica» (Zanetti, Possieri). Il Pactum sine nomine. Commiato al patto marinaro e licenza agli interpreti, invece, «scritto tra maggio e giugno 1923 […] segna la fine del lungo braccio di ferro intercorso tra d’Annunzio, Mussolini, i sindacati fascisti e gli armatori navali per la stesura del “patto marinaro”» (Zanetti, Possieri).

Stile e interpretazioni

L’oratoria bellica di d’Annunzio si costruisce attorno all’esaltazione della guerra; eppure, presenta non solo degli elementi stilistici di rilievo ma anche motivi intertestuali che la critica ha messo in luce.

La scelta stessa del poeta di includere nell’edizione del 1932 di Per la più grande Italia anche testi successivi al 1915 presenta una sua chiara posizione circa la sua stessa idea di scrittura. Nelle successive sarà invece una scelta dei curatori collocare l’opera all’interno delle più ampie Prose di ricerca, dato rilevante nel quadro dell’intera produzione.

Orazioni, messaggi e discorsi assumono talvolta la dimensione di una liturgia, talaltra di un’invettiva contro i non-interventisti o altri soggetti. Quelli editi sui quotidiani vengono rivisti e proposti in volume con delle varianti. Un esempio pregnante può essere Orazione per la Sagra dei Mille che si propone «come al solito, densa di suggestioni erudite, nonché di autocitazioni di sapore narcisistico.» (Zanetti, Possieri). Qui i riferimenti evangelici, come la critica ha evidenziato non mancano e si ha «una retorica di forte tenore rituale» (Zanetti, Possieri) riportata da Ugo Ojetti in un famoso volume: «il pubblico coglie dietro le immagini il senso preciso, scopre ogni allusione con una sagacia instancabile, con un desiderio continuo d’ardire al pensiero e al sentimento del suo Poeta» (Ojetti 1957, p. 88).

Per la Beffa di Buccari il Vate sceglie il taccuino di bordo «come al solito pieno di divagazioni» (Zanetti, Possieri).

I riferimenti di d’Annunzio sono molteplici: dalla storiografia medievale a Dante, passando per Garibaldi e figure storiche atipiche, come Gandhi, nei confronti del quale nutre un’attrazione mista a rifiuto. Non possono mancare gli eroi risorgimentali, ad esempio Giuseppe Mazzini, ma anche militari contemporanei che, insieme a lui, compiono imprese belliche e combattono per la patria.

 

Bibliografia essenziale

Edizione critica di riferimento:

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia, Edizione digitale nel Centocinquantenario della nascita di Gabriele d’Annunzio con il patrocinio della Fondazione «Il Vittoriale degli Italiani», con apparati informativi di Annamaria Andreoli, Andrea Possieri, Giorgio Zanetti, Milano, Mondadori, 2005.

Edizioni apparse in vita:

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia: orazioni e messaggi, Milano, Treves, 1915.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia: orazioni e messaggi, Milano, Treves, 1918.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia: orazioni e messaggi, Milano, Treves, 1920.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia, a cura di Angelo Sodini, Istituto Nazionale per la edizione di tutte le opere di Gabriele d’Annunzio, Milano, Mondadori, Verona, Officina Bodoni, 1932

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia, Roma, L’oleandro, 1933.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia, Gardone Riviera (BS), Il Vittoriale degli italiani, 1939.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia, Gardone Riviera (BS), Il Vittoriale degli italiani, 1940.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia, Gardone Riviera (BS), Il Vittoriale degli italiani, 1942.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia, Gardone Riviera (BS), Il Vittoriale degli italiani, 1943.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia, in Prose di ricerca, di lotta, di comando, di conquista, di tormento, d’indovinamento, di rinnovamento, di celebrazione, di rivendicazione, di liberazione, di favole, di giochi, di baleni, in Tutte le opere di Gabriele D’Annunzio, a cura di Egidio Bianchetti, «I Classici contemporanei italiani» sotto gli auspici della Fondazione Il Vittoriale degli italiani, Milano, Mondadori, 1947.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia, in Prose di ricerca, di lotta, di comando, di conquista, di tormento, d’indovinamento, di rinnovamento, di celebrazione, di rivendicazione, di liberazione, di favole, di giochi, di baleni, in Tutte le opere di Gabriele D’Annunzio, a cura di Egidio Bianchetti, «I Classici contemporanei italiani» sotto gli auspici della Fondazione Il Vittoriale degli italiani, Milano, Mondadori, 1950.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia, in Prose di ricerca, cit., Milano, Mondadori, 1954.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia, in Prose di ricerca, cit., Milano, Mondadori, 1958.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia, in Prose di ricerca, cit., Milano, Mondadori, 1966.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia in Prose di ricerca, a cura di Annamaria Andreoli, Giorgio Zanetti, «I Meridiani», 2 tomi, Milano, Mondadori, 2005.

Gabriele d’Annunzio, Per la più grande Italia: orazioni e messaggi, edizione a cura di Sergio Fumich, Brembio, Andreani, Circolo culturale anticonformista, 2013.

Bibliografia secondaria:

Ugo Ojetti, D’Annunzio amico-maestro-soldato, Firenze, Sansoni, 1957.

Pietro Gibellini, D’Annunzio dal gesto al testo, Milano, Mursia, 1995.

Giorgio Zanetti, Andrea Possieri, Notizia sul testo e note di commento in Per la più grande Italia, con apparati informativi di Annamaria Andreoli, Andrea Possieri e Giorgio Zanetti, Milano, Mondadori, 2005, pp. 152-192.

Alberto De Bernari, Una dittatura moderna: il fascismo come problema storico, Milano, Mondadori, 2006.

Antonio Spinosa, D’Annunzio, Milano, Mondadori, 2008.

Anna Lucia Valvo, Valenza internazionale dello Statuto della Reggenza italiana del Carnaro: un paradosso che il tempo non ha risolto, in Lo statuto della reggenza italiana del Carnaro: tra storia, diritto internazionale e diritto costituzionale. Atti del Convegno, Università degli studi di Roma La Sapienza, Facoltà di scienze politiche, 21 ottobre 2008, a cura di A. Sinagra, Milano, Giuffrè, 2009, pp. 201-222.

Paolo Macry, Luigi Masella, La delegittimazione politica nell’età contemporanea. La costruzione del nemico in Europa fra Otto e Novecento, Roma, Viella, 2018.

Emilio Gentile, La grande Italia, Bari, Laterza, 2021, pp. 31-91.