di Chiara Bianchi, Enciclopedia dannunziana
La villa di Cargnacco, poi divenuta il Vittoriale, era proprietà in origine della famiglia Wimmer. Fu abitata da d’Annunzio a partire dal 1921, prima in affitto, poi acquistata. Nel periodo antecedente la villa era stata la dimora dello studioso di storia dell’arte Henry Thode. Egli aveva dovuto lasciare la casa in tutta fretta dopo il sequestro della proprietà, essendo tedesco, abbandonando tutto il contenuto, anche librario: il Governo italiano aveva requisito la villa come risarcimento dei danni di guerra.
Henry Thode fu docente di Storia dell’Arte all’Università di Heidelberg. Fu il primo dei grandi intellettuali tedeschi ad eleggere Gardone Riviera a sua dimora, a partire dal 1877. Affittò la villa insieme alla prima moglie Daniela Senta von Bülow, figlia di Cosima Liszt, nipote di Franz Liszt e figliastra di Richard Wagner. Nel 1907 Thode avrebbe voluto acquistare la villa ma difficoltà finanziarie e le crisi depressive della moglie, non resero possibile realizzare il desiderio. Nel 1910 finalmente riuscì ad acquistarla, e la casa divenne dimora abituale. Thode lasciò l’insegnamento universitario e portò a Gardone Riviera tutti i suoi libri e i cimeli di Daniela, come il pianoforte del nonno Liszt, i manoscritti di Wagner, i ritratti e ricordi. Dopo il divorzio da Daniela, Thode si risposò con la giovane violinista danese Hertha Tegner, già frequentatrice da tempo dello storico. Nel frattempo era scoppiata la guerra e Thode con la nuova moglie furono dichiarati non graditi dal governo italiano. Furono costretti a partire lasciando tutto nella villa di Cargnacco. Il 21 luglio 1918 la proprietà fu confiscata.
Per la costituzione del fondo musicale, sono importanti le figure delle due mogli. Daniela Senta von Bülow (1860-1940) era la prima figlia di Hans e Cosima Liszt, e aveva sette anni quando sua madre si unì a Wagner che la trattò come una figlia. Fu pianista ma soprattutto molto attiva nelle produzioni del Festival di Bayreuth, amava disegnare i costumi per le opere wagneriane.
Hertha Tegner (1884-1946) era una violinista danese, figlia di un diplomatico e magistrato di Copenhagen, nota soprattutto per queste sue vicende e per le successive cause intentate per poter riavere il proprio patrimonio bloccato al Vittoriale.
Le sezioni
Il fondo musicale risulta diviso in tre sezioni, composte sia di stampe che di manoscritti. La prima deriva dal fondo Thode, o meglio, delle due mogli. La seconda è risalente al periodo dannunziano. Queste sezioni sono nella villa, soprattutto nelle stanze dette del Mascheraio, e della Musica. Le partiture sono mescolate, non distinte per periodi, probabilmente per mano dei catalogatori di epoca dannunziana. Infine, una parte costituita soprattutto di manoscritti si trova separata e conservata nell’archivio.
Sezione Thode
Il patrimonio Thode è di circa seimila libri. Di questi, una parte cospicua è di spartiti. Risalgono a Daniela, pianista lei stessa, le stampe e alcuni manoscritti del periodo ottocentesco e legati alle figure di Liszt e Wagner. Si tratta di spartiti interessanti, molti dei parenti o vicini di Daniela come il padre Hans von Bülow, o Wagner o il fratellastro Siegfried Wagner, ma comunque opere stampate che non costituiscono una rarità. Molti repertori simili si ritrovano in fondi risalenti alla stessa epoca tardo-ottocentesca. Per citare comunque delle curiosità, tra i manoscritti del fondo sono due trascrizioni da Wagner, probabilmente realizzate per le serate e lo studio in famiglia. Una è relativa al terzo atto del Parsifal, copia fatta da Joseph Rubinstein nel 1882. L’altra è un estratto di brani dal Tannhaüser, trascrizione di Hans von Bülow del 1849. Inoltre, c’è un brano del fratello di Daniela, Siegfried Wagner, che più noto per aver continuato l’opera di divulgazione delle opere del padre dopo la sua morte, in realtà fu anche un musicista, e qui sono alcuni suoi lieder tra i quali uno con testo dello stesso Thode.
Più curiosa ed interessante è la sezione che si può far risalire alla seconda moglie di Thode, Herta Tegner. Violinista danese, portò con sé una piccola collezione di spartiti di musicisti dell’area scandinava, tipologia di musiche piuttosto rara in una biblioteca italiana. Si tratta di autori conosciuti, come Edward Grieg, del quale sono attestate un buon numero di composizioni nel fondo musicale; e preme citare anche un manoscritto, una trascrizione di Anton Seidl dal titolo Norvegian Suite, tratto dalle Lyriske Stykker op. 54 libro V, opera poi pubblicata su revisione dello stesso Grieg e veicolo della conoscenza del musicista fuori dal suo paese. Più spesso tuttavia si attestano opere di autori che fuori dal paese d’origine sono poco o per nulla conosciuti. Si tratta di musicisti danesi ( Edward Lassen, Carl Nielsen, Hakon Børresen, Peter Lange-Müller, C.F.E. Horneman, Otto Malling, August Enna, Peter A. Heise, Orla Rosenhoff, Frederik Rung) poco conosciuti in Italia, o parzialmente grazie a recenti recuperi e registrazioni. E ancora svedesi ( August Lagergren, Emil Sjögren, Karl Wilhelm Stenhammar; di Adel Wiklund sono attestati al Vittoriale dei manoscritti), norvegesi ( Sigurd Lie, Johann Svendsen).
Sezione dannunziana
In seguito alla riorganizzazione della biblioteca personale, per mano di Antonio Bruers, le partiture anche precedenti furono sistemate prevalentemente nella stanza del Mascheraio, anche se non mancano alcune altre collocazioni. Tale lavoro terminò negli anni 1934-36.
Oltre alle partiture, in tale riordino si ritrovarono testi di tipo storico e musicologico. Questi sono strettamente collegati al d’Annunzio autore di romanzi, che sappiamo estremamente influenzati dal mondo musicale. Nella realtà della scrittura e della preparazione ad essa, era essenziale documentarsi, e in questo d’Annunzio fu sempre attento e puntuale. La ricerca si esplicava nella lettura di testi teorici, storici, biografici relativi alla musica che in quel momento gli interessava. D’Annunzio diventò un grande collezionista di libri, importantissimi per la sua preparazione culturale e delle sue opere. Per quanto riguarda la musica, abbiamo testimonianze di ciò nei Taccuini, nei quali riportava ricordi di ascolti di brani musicali, letture di opere musicologiche, con redazione di liste di studi che lo interessavano: ad esempio sul primo Barocco, partendo da Gaffurio, a Vincenzo Galilei, a Zarlino fino al suo interesse per Monteverdi. Per la composizione del Fuoco, fondamentale fu l’opera di Romain Rolland, Histoire de l’Opéra en Europe avant Lully et Scarlatti (Parigi 1895), presente al Vittoriale.
Nel periodo invece di nascita dell’interesse verso il teatro musicale, la sua cultura si arricchì anche grazie alla conoscenza e vicinanza di musicisti della sua epoca. Sappiamo di contatti più o meno sfociati in opere comuni con Debussy, Puccini, Mascagni. Più intense le collaborazioni e le amicizie con i rappresentanti della Generazione dell’80: Malipiero, Casella, Pizzetti in primis. Di questi musicisti esistono opere al Vittoriale, anche se con curiose mancanze: ad esempio di Casella poco è attestato. La biblioteca si arricchiva più per casualità di incontri e collaborazioni che per ricerca effettiva, si nutriva grazie ai contatti fisici tra gli artisti, con uno scambio di materiali e partiture, a volte scelte dal Poeta in un sincero interessamento, più spesso offerte dai musicisti come omaggio ad un grande personaggio della cultura italiana. Tuttavia spartiti di opere fondamentali della storia di quegli anni, come Stravinskij o Ravel, o addirittura l’ispiratore del Notturno, Skrjabin, sono assenti. Ciò forse è indicativo della diversa considerazione del Poeta verso uno spartito, che lui da solo non era in grado di leggere (e spesso gli amici musicisti organizzavano concerti privati per ovviare), mentre la lettura di testi musicologici era sicuramente più agevole.
Altri due ambiti della vita musicale di d’Annunzio sono ben testimoniati dalle presenze nel fondo musicale. Il primo risale agli anni giovanili, agli amici del Cenacolo michettiano. Si parla di Tosti ovviamente, ma anche di chi si occupava in quei tempi di non far scomparire i repertori popolari, e importanti sono a tal proposito le raccolte di canti dette Maggiolate abruzzesi, eseguiti dal coro di Ortona a Mare, presenti in biblioteca per le annate 1926-1929. Erano stati il nipote di Tosti, Guido Albanese, e Antonio Di Jorio a volere questo festival della canzone popolare abruzzese, sostenuti anche da D’Annunzio che con Tosti scrisse alcune di queste canzoni, tra cui la famosa A’ vucchella. Nel 1927 Albanese aveva anche pubblicato la raccolta Nuovi canti popolari d’Abruzzo (Firenze, Mignani), e De Cecco nel 1923 (Sonzogno) Canzoni d’Abruzzo, raccolte presenti nella biblioteca del Poeta. Ma al Vittoriale non mancano testimonianze di altri repertori popolari, dai Canti di Sardegna a cura di Giulio Fara (ed. Ricordi del 1923), alla raccolta curata da Eugenia Scarpa (con lo pseudonimo di Geni Sadero) sui canti di tutta Italia e inserita nella Raccolta Nazionale delle musiche italiane (Milano, Soc. anonima Notarii 1921, volumi 1000-1021). Inoltre, raccolte di canti toscani, siciliani, e le interessanti Villotte antiche friulane, edite a cura della Società Filologica Friulana negli anni iniziali del Novecento e nel 1930.
Il secondo ambito riguarda le opere delle quali d’Annunzio si fece patrocinatore. Dobbiamo al suo grande interesse la nascita di almeno due pietre miliari nel recupero novecentesco della musica del passato. La prima è la raccolta I classici della musica italiana. Nel 1916 Malipiero e un gruppo di amici e musicisti (l’editore Notari, Pizzetti, Respighi, Balilla Pratella, Toni, Benvenuti, Casella ed altri) ebbero l’idea di raccogliere in una serie di volumi tutta la musica dei maggiori compositori italiani del passato. L’opera a causa della guerra dovette subire ridimensionamenti, ma secondo la testimonianza dello stesso Umberto Notari fu proprio il periodo guerresco ed una certa propensione nazionalistica sottesa all’opera a suggerire di chiedere il patrocinio ad un personaggio importante come D’Annunzio «nome che desse luce alle nostre ragioni… guida che tutti orientasse, come stella polare». Nacque la raccolta I classici della musica italiana edita a Milano dallo stesso Notari tra il 1919 e il 1921. D’Annunzio accettò molto volentieri il patrocinio, riconoscendosi nelle idealità del gruppo di amici, e scrisse una prefazione dal titolo Preludio.
La seconda è l’Opera Omnia di Monteverdi, a cura di Gian Francesco Malipiero. Già nella collana dei Classici erano state pubblicate opere del grande Claudio, come Il combattimento di Tancredi e Clorinda a cura di Alceo Toni, ed insieme ad altre opere all’epoca conosciute e la cui presenza al Vittoriale è significativa. Ma l’immane lavoro che Malipiero a partire dal 1913 portò avanti non poteva lasciare indifferente d’Annunzio, tra l’altro ormai intimamente amico del musicista e amante della musica del grande cremonese. Attraverso vicissitudini legate alla mancanza di finanziamenti, in parte trovati grazie all’intervento del Poeta presso mecenati o case editrici, Tutte le opere di Claudio Monteverdi vide la luce infine man mano nel tempo, oggi riconosciuta per il suo grande valore culturale. Le primissime edizioni dei primi volumi, uscite numerate in 250 copie grazie alla mecenate Elisabeth Sprague Coolidge, sono al Vittoriale.
Gli archivi
Gli archivi sono una fonte interessantissima di materiali per la ricerca musicologica. Sono attestati tutti i carteggi intercorsi con gli amici o collaboratori musicisti soprattutto nella prima parte del Novecento. Inoltre, sono qui conservati in accompagnamento a lettere spesso intense ed emozionanti, musiche a stampa ma ancor più manoscritti di canti risalenti ai periodi fiumano o della Grande Guerra o subito successivo. Non si deve cercare in questa sezione il valore musicale, che spesso è difficile da definire. Sono canti scritti spesso da autori sconosciuti, poco più che dilettanti, canti e canzoni di guerra. A volte emergono autori conosciuti: il più famoso è E. A. Mario con la sua Leggenda del Piave. Più spesso tuttavia si tratta di soldati ed ex soldati che hanno fatto la guerra, e che riconoscevano in d’Annunzio il loro “Comandante”. Sono semplici omaggi al loro idolo, ricordi di guerra, ricordo delle atrocità vissute, dei compagni morti. Sono espressione intima del sentimento popolare, di chi la guerra l’aveva vissuta. In questo senso, questa sezione rappresenta una testimonianza preziosa della musica di quel periodo, oltretutto quasi sempre inedita, probabilmente qui espressa in queste uniche copie manoscritte. Si tratta quindi di un repertorio di studio che potrebbe far luce sui sentimenti di chi la guerra l’ha voluta, poi portata avanti con coraggio, infine ricordata e pianta per le sue atrocità. Sentimenti che la musica non può far altro che ancor più evidenziare.
Bibliografia
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